Liberazione, Mattarella rende omaggio ai 244 martiri di Civitella in Val di Chiana
Arezzo: Centinaia di tricolori sventolati da bambini e ragazzi, rappresentanze istituzionali, militari e religiose e tantissimi cittadini in attesa già dalla prima mattina. Poi le note dell'inno d'Italia che risuonano mentre qualcuno tra la folla grida 'Viva la Costituzione': è così che Civitella in Val di Chiana ha accolto il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, che l'ha scelta per celebrare il 25 aprile a 80 anni dalla Liberazione della Toscana.
'Terribile', 'disumana', 'pianificata a freddo e portata a termine tramite delazioni', contraria ad ogni codice morale e militare: il presidente Mattarella ha condannato senza mezzi termini la strategia del terrore che portò alla strage di Civitella e agli eccidi che hanno insanguinato l'Italia durante la ritirata nazista, ribadendo che il Paese ha pagato a carissimo prezzo l'infatuazione per i miti fascisti dell'egemonia e della superiorità della razza, mentre il senso di fratellanza ha guidato la resistenza e la liberazione, facendo del 25 aprile la festa della Libertà, della pace ritrovata e dell'entrata nel novero delle nazioni democratiche.
Insieme al presidente Mattarella anche il presidente della Regione Toscana, l'assessora regionale a istruzione e diritti, l'assessore regionale a turismo e attività produttive e il presidente del Consiglio regionale, molti consiglieri, sindaci e prelati.
Il presidente della Regione ha iniziato il suo intervento legendo l'Ode a Kesserling di Piero Calamandrei, ringraziato a nome di tutti i toscani i familiari dei caduti e ricordato come la presenza del presidente Mattarella in occasione degli 80 anni della Liberazione della Toscana rappresenti un grande onore e un segnale importante.
La Toscana - ha ricordato il presidente- ha pagato con 1500 vittime innocenti, tra cui donne e bambini, la brutalità di ideologie ormai sconfitte che non accettavano la resa. Anche per questo è dovere delle istituzioni democratiche sottolineare ancora oggi l'importanza del senso della 'Resistenza', il dovere morale di opporsi a ogni forma di prevaricazione dei diritti e di revisionismo.
I fatti di Civitella:
Il 29 giugno 1944 Civitella in Val Chiana - che durante la ritirata tedesca si trovava nelle immediate retrovie del fronte lungo la linea Gotica - divenne teatro di una efferata strage nazifascista. Qualche giorno dopo la morte di alcuni soldati tedeschi, i nazisti iniziarono a rastrellare gli uomini e poi irruppero in chiesa, dove il parroco tentò senza successo di salvare i fedeli offrendosi come vittima. A cinque a cinque tutti gli uomini, compreso il prelato, vengono trucidati e il paese fu incendiato, per uccidere anche chi in qualche modo era riuscito a nascondersi. Sommando ai martiri di Civitella quelli delle due frazioni di Solaia e Cornia, dove furono uccise con spietata ferocia anche donne e bambini, e della vicina San Pancrazio, in tutto furono massacrate 244 persone.
Durante la celebrazione del 25 aprile insieme al presidente della Repubblica i fatti di Civitella sono stati ricordati dall'attrice Ottavia Piccolo, che ha letto la testimonianza del vescovo Luciano Giovannetti, testimone diretto dell'eccidio quando era un bambino, e quella della vedova Corneli Bozzi, testimone dell'omicidio a sangue freddo del marito e di tre dei suoi cinque figli.
Infine Ida Balò, 94 anni, presidente dell'associazione 'Civitella ricorda' e sopravvissuta alla strage, ha narrato quanto avvenuto quel 29 giugno, quando perse il padre e la casa. Quella mattina era alla messa, uscì dalla chiesa e vide i soldati tedeschi disposti come un plotone. Alcuni tra loro ridevano e Ida pensò che fosse una dimostrazione. Invece, subito dopo, gli uomini furono separati da donne e bambini. Lei e la madre scapparono nei boschi, con la speranza che il padre, che si trovava a lavoro in quel momento, fosse salvo. Ma vide il fumo salire dalla torre simbolo di Civitella e poco dopo scoprì che anche il padre e altri erano stati uccisi, nei pressi della cava dove lavorava. Ida ha voluto chiudere la sua drammatica testimonianza con un invito all'amore, unico motore della tenacia con la quale le donne di Civitella, devastate dal dolore e dall'orrore, ricostruirono la loro città e la loro vita.