La sindaca Nappi alla 41° Assemblea Nazionale dell'ANCI al Lingotto di Torino
Un pensiero affettuoso, esclusivamente toscano, rivolto a tutti i babbi
Babbo, parola che suona così bene, con tutte le sue labiali, e che mette nell'angolo quel papà che sa tanto di pepè ovvero di trombetta di carnevale. Il mi' babbo... o babbo... babbino... parole che fanno musica agli orecchi ed al cuore.
Il 19 marzo è diventata una ricorrenza celebrativa commerciale ma rimane l'unica vera occasione per ricordare, anche solo per un momento, le figure dei nostri babbi, vivi o defunti, colti nei loro atteggiamenti a noi così cari e familiari.
Babbo che legge il giornale, babbo che torna stracco dal lavoro, babbo che scende al bar per una partita a briscola e un bicchiere di rosso, babbo che non alza mai la voce ma ti fulmina con uno sguardo quando combini qualcosa di poco bono, babbo che ti porta fuori con sè a spasso.
Quanti di noi e quante volte abbiamo sognato questi momenti di intimità col nostro babbo.
Quello stringergli la mano e camminare accanto a lui, e ogni tanto guardare in alto, verso il suo volto, per incontrare i suoi occhi, per essere rassicurati dalla sua presenza, e per volergli dire, muti, in silenzio, che eravamo orgogliosi di lui, di avere lui per babbo.
Cogliamo quindi l'occasione di ricordarci di lui, che ci ha visto crescere, che ci ha fatto crescere, pur lasciando alla mamma il gravoso compito di insegnarci a volare.
Lui è il babbo. Una parola che è entrata in modo così coinvolgente a far parte della nostra vita che il solo pronunciarla anche occasionalmente ci riempie di un senso di ammirazione e rispetto senza confini.
Da piccolo provavo meraviglia quando, specie in campagna, di fronte ad un genitore anziano, i figli gli si rivolgevano dicendo "Babbo, cosa volete che vi si prepari oggi per pranzo...?"
Nella mia giovanile ignoranza mi appariva così buffo e strano che ci rivolgesse ad un babbo dandogli del voi. Poi, crescendo, ho compreso che quel "voi" era la più bella, sentita, coinvolgente manifestazione di rispetto e di affetto che si potesse rivolgere ad un genitore. Oggi i babbi di molti di noi non ci sono più. Neppure il mio. Chiudere gli occhi anche per un solo attimo e rivivere la sensazione di quella mano stretta nella loro, per riprovare quel senso di sicurezza che solo la presenza assidua e premurosa di un babbo riesce a dare, è il minimo che, per San Giuseppe, possiamo fare in loro celebrazione.
Grazie a tutti i nostri babbi.