Ricordo strage Ribolla. 'Deposta corona al pozzo Camorra'

Renzetti: «parallelismi tra il periodo storico della strage e quello odierno. In entrambi i casi c’è chi ha sottovalutato il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro. Gradualità e attenzione alla salute per uscire dal tunnel dell’economia» Roccastrada: Questa mattina il segretario della Cgil, Claudio Renzetti, insieme al segretario dello Spi, Lorenzo Centenari, si sono recati al pozzo Camorra, nelle campagne di Ribolla, per deporre una corona in ricordo dei 43 minatori deceduti nell’incidente avvenuto nel 1954. Di cui oggi ricorre il 66° anniversario.

«È stata davvero una mattinata particolare – spiega il segretario della Camera del lavoro di Grosseto – in un’atmosfera surreale, immersa nel silenzio della campagna assolata ma in compagnia di almeno una cinquantina di persone che stavano lavorando nelle vigne dell’azienda agricola di Zonin, che circondano i ruderi del vecchio pozzo Camorra. Teatro dell’esplosione di grisù che 66 anni fa uccise 43 minatori.

cgil grosseto.jpgPer stamani avevamo organizzato una grande manifestazione cui avrebbe dovuto esserci il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Cerimonia che poi non si è potuta tenere in seguito alle limitazioni agli spostamenti giustamente imposte dal governo per prevenire la diffusione del Covid-19.

Abbiamo deciso di venire in due, a nome di tutta la Cgil, perché come organizzazione sindacale avvertiamo il dovere di onorare le persone morte in quella che è stata la più grande strage del lavoro di questo Paese. E ci ha fatto un grande piacere trovare un prato curato e un mazzo di fiori. Perché evidentemente la comunità di Ribolla continua a onorare i propri morti anche a distanza di tanto tempo. Anche ai tempi della pandemia del coronavirus. Così come abbiamo apprezzato molto la commemorazione tenuta dal sindaco di Roccastrada insieme al vescovo Rodolfo Cetoloni. Per noi della Cgil, inoltre, questa è stato anche un modo per rendere omaggio all’operaio morto a Torniella proprio alla vigilia del 1° maggio in conseguenza di un incidente sul lavoro. Una cosa a cui tenevamo, non avendo potuto partecipare al suo funerale».
«Ricordare non è un esercizio retorico – sottolinea Lorenzo Centenari, segretario dello Spi Cgil – soprattutto quando si tratta di celebrare le persone per testimoniare valori universali, come quelli della dignità e della sicurezza sul lavoro. Ribolla è un simbolo e in quanto tale è determinante ne sia tramandata la memoria»

«Questo 4 maggio mette in evidenza dei parallelismi storici curiosi, e per certi versi drammatici – aggiunge Renzetti - Oggi, infatti, prende formalmente avvio la cosiddetta “fase-2” della nostra convivenza con il Covid-19, che vede il ritorno al lavoro di quattro milioni e mezzo di persone. Con una tappa importante nella riconquista di una normalità che appare ancora lontana e soprattutto densa d’incognite, sia rispetto alla nostra salute collettiva che alle generali condizioni dell’economia. E oggi come sessantasei anni fa, il tema di fondo è quello delle condizioni di sicurezza per chi lavora. Nel dopoguerra c’era da ricostruire un Paese distrutto, eravamo una repubblica democratica solo sulla carta e solo dopo anni di lotte e di sangue sarebbero arrivati lo Statuto dei lavoratori e diritti che da soli possono rendere dignitosa una vita. Si lavorava alacremente ma in condizioni precarie, e questo fu all’origine della tragedia di Ribolla del ’54. Dopo che per anni il sindacato aveva denunciato inascoltato le tecniche arretrate e pericolose di coltivazione della miniera. Tempi nei quali avere la tessera della Cgil poteva significare dover vivere in miseria e rischiare l’allontanamento dal proprio lavoro.

Oggi, ancora, per certi versi ci troviamo di fronte alla stessa situazione. Con l’Italia piegata dalla crisi economica indotta dalla pandemia, e troppi che sottovalutano irresponsabilmente la gravità della situazione spingendo per la riapertura indiscriminata di tutte le attività. Sacrificando ancora una volta la sicurezza delle persone più esposte nei luoghi di lavoro. Anche in questo caso il rischio concreto è che la minaccia di precipitare in stato di povertà riduca l’accesso ai diritti con il meccanismo del ricatto occupazionale. La pandemia, in questo senso, può costituire il pretesto per precarizzare ancora il lavoro. E proprio per questo motivo non bisogna mai dare per acquisito il risultato delle tutele contrattuali e dei miglioramenti salariali. Perché i diritti si perdono.

Per questo la ricorrenza della strage di Ribolla è l’occasione per parlare dell’Italia odierna. E per ribadire l’impegno della Cgil sul fronte della tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, ma anche rispetto alla messa in campo di un ambizioso piano di rilancio dell’economia nazionale, e locale. Abbiamo ben presente – conclude Renzetti – che non c’è futuro senza lavoro, e noi sappiamo bene quanto il lavoro è importante per emancipare le persone. Pere questo siamo in prima linea per tutelare i lavoratori».