Pandemia. Piano e Archivio nazionale, Informazione. Che e come fare

Il parere di Aduc La pandemia è nel quotidiano: dentro testa e pelle. Abbiamo subìto o condiviso le iniziative dell’autorità e siamo in un momento in cui quelli che sfruttano una loro presunta notorietà e la fame di informazioni “basta che siano attrattive” da parte dei media, pur di rendersi simpatici dicono che siamo prossimi ad un’uscita. Sembra la versione febbraio 2022 di quei cartelli “andrà tutto bene” che si vedevano qui e là circa due anni fa. Ma sembra proprio che non sia così. Al di là di previsioni e opinioni, infezioni, ricoveri e morti ci sono, anche se il male lo abbiamo individualmente e socialmente somatizzato.

Oggi quel che è fatto, è fatto. Occorre capire cosa non abbiamo avuto e fatto, cosa bene e cosa male, e attrezzarsi. Noi singoli – vivi, malati e con la memoria dei morti - non abbiamo poteri esecutivi e ci affidiamo ai rappresentanti istituzionali.

Piano nazionale pandemia

Per gestire, preparare e rispondere ad una pandemia: quella in corso e le prossime (continuità o meno dall’attuale). Il Piano non è stato fatto e crediamo che le teste che oggi procedono in ordine sparso ma con dimostrata capacità, fatto tesoro delle esperienze delle Regioni, possano farlo. 

Archivio Sanitario Nazionale

Fatto anche qui tesoro dell’esperienza delle Regioni: un archivio dove, scambiando dati tra fonti diverse, pubbliche e private (interoperabilità), si inseriscano in tempo reale i dati di contagiati, vaccinati, sottoposti a tampone e/o test sierologico e/o altri accertamenti diagnostici, tipo di virus, tipi di cura erogati, risultati delle cure, decessi, dimessi e verifiche successive sugli stessi, effetti collaterali di vaccini e cure, etc. Allestimento che ha già base nell’informatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

I vantaggi, per governo e legislatore, derivano dall’avere dati aggiornati per le decisioni da prendere, anche in ambito sociale ed economico.

Informazione

I privati facciano quel che responsabilmente ritengono opportuno: saranno giudicati dalle ricadute economiche del loro servizio, dai codici civili e penali, nonché dalla storia. 

Diverso per l’informazione di Stato, Rai: ci vogliono indirizzi che, tenendo conto della libertà professionale, evitino la confusione che c’è stata e continua ad esserci. I dati di riferimento devono essere quelli dell’Archivio Sanitario Nazionale (vedi sopra) e non le opinioni di personaggi (pur se qualificati e scienziati) in voga magari perché nel turbinio di una qualche polemica che si presume faccia audience. Occorre raccontare la realtà, ché ogni previsione diventa irreale e, di fatto, pericolosa. Sono i fatti che devono parlare, separati da opinioni. 

Si tratta di invertire un metodo fino ad oggi usuale: non più fatti e opinioni per fare audience e… spettacolo, ma fatti e opinioni per raccontare la realtà. E’ bene ricordare che la tv di Stato è pagata dai contribuenti (canone) per il bene pubblico dell’informazione e, solo in seconda se non ultima battuta, per far tornare i conti (grazie ad introiti pubblicitari e altro) gareggiando con privati che, non a caso, non fruiscono del canone di Stato.