Orbetello: “Salviamo la casa di Mario”

La casa famiglia per il ‘dopo di noi’ dei ragazzi disabili: quasi 40mila firme per la petizione online a sostegno della fondatrice Elena Improta.

Orbetello: Nel giorno in cui Elena Improta, fondatrice della ONLUS “Oltre lo sguardo APS”, ha annunciato lo stop allo sciopero della fame, sfiora quota 40mila firme la petizione online lanciata su Change.org da Serenella Bischi per salvare la “casa di Mario”, realtà in cui vivono diversi ragazzi disabili tra cui Mario, figlio di Improta e tetraplegico. L’appello chiede alle autorità giudiziarie di rivedere la propria decisione e di esimere Elena dal dover pagare quasi 300mila euro di spese giudiziarie dopo aver perso una causa in un processo durato 27 anni.

L’autrice della petizione ripercorre la vicenda di cui è stata protagonista la Improta e fino ad oggi, quando la “casa di Mario” rischia di essere pignorata. “Trentaquattro anni fa, Elena dette alla luce suo figlio Mario in un parto a rischio, a Villa Mafalda di Roma. Più di un'ora di documentazione riguardante il monitoraggio fetale scomparsa, un parto che non si apriva, manovre rischiose fatte sulla mamma e sul bambino. Dopo varie perizie, si conferma ragionevolmente il nesso tra il rapporto della sofferenza ipossico ischemica e l'assenza di ossigeno, con la condizione di Mario. Ma non il nesso di negligenza dei medici e della clinica. Elena è una madre, allora ventiseienne, e già gli è stato diagnosticato con certezza che Mario non parlerà, non camminerà e non vivrà senza il suo supporto. MAI.”

Il racconto prosegue per ricordare che Improta “negli anni si informa, fa causa a Villa Mafalda, ma comincia anche a muoversi nel percorso di diversità sempre insieme a suo figlio. Dal terrore di lasciare Mario solo in un futuro incerto, lui come altri nella sua condizione, scaturisce una visione che si concretizza nella creazione della Onlus "Oltre lo Sguardo" e nella scelta di Orbetello come luogo di insediamento della Casa di Mario. Grandi locali che si aprono sulla laguna, sulla luce che rischiara una condizione difficile OGNI GIORNO e a cui Elena insieme a suo marito non si sottraggono mai, 24 ore su 24.”

“Poi la verità giudiziaria, dopo 27 anni, tanto ci vuole per fare giustizia in Italia: la causa contro Villa Mafalda viene persa. Elena Improta dovrà pagare 276 mila euro per le spese legali!”, ricorda l’autrice della petizione. Che commenta: “una decisione punitiva quella dell'autorità giudiziaria, nonché umiliante, soprattutto per la condizione di vita di Mario e degli altri ragazzi che usufruiscono di questo servizio quotidiano. Se Elena avesse commesso un reato penale, per buona condotta, oggi lei e Mario sarebbero due persone libere. Una cifra lievitata con il passare degli anni, che Elena non ha. Per assistere suo figlio ha rinunciato al lavoro. Vogliono pignorare la casa destinata a Mario e ai ragazzi disabili "durante e dopo di lei", dove abitano persone adulte non autosufficienti che hanno trovato una situazione di vita accettabile, piena di attività da svolgere durante la giornata e totalmente tutelate”.

“Troviamo INSIEME una soluzione!”, conclude la promotrice della petizione. “La Casa di Mario deve vivere, non accetta soldi o donazioni, ma vuole essere libera da questa spada di Damocle. Impediamo che venga commessa una grave ingiustizia. La casa di Mario deve esistere oltre il tempo: Elena ha già predisposto di lasciare i suoi beni materiali a disposizione del territorio, un'opportunità UNICA per chi soffre la durissima condizione di disabilità.”

Tra i commenti di chi ha firmato l’appello, le ragioni di migliaia di persone che si schierano dalla parte di Elena:

“La giustizia non può essere ingiusta. Non può la legge schiacciare chi è già in una oggettiva posizione di debolezza: non dobbiamo permetterlo”, scrive Gian Franca S.;

“Purtroppo non sempre la verità dei tribunali coincide con la realtà; il minimo che possiamo fare è dare una mano”, scrive Maria Daniela C.;

“Sto firmando per un atto di giustizia nei confronti di Mario e di sua madre, senza la quale Mario non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivenza”, scrive Mario B.;

“Firmo perché auspico una risoluzione pacifica della controversia giudiziaria e la continuazione della permanenza della casa di Mario”, scrive Cristina N.