La cultura a Grosseto, tra asterischi e “risparmi”

Grosseto: Da alcune settimane una vicenda, che tocca profondamente la comune sensibilità, occupa la cronaca locale, con un'eco nazionale e non solo. È la sequenza dei passaggi compiuti dalla Fondazione Grosseto Cultura per l’affidamento dei servizi di gestione del Museo di storia naturale e di Clarisse Arte

«Su una questione inizialmente nebulosa - si legge nella nota dell’Associazione Raccontincontri e della Libreria delle ragazze -, che in molti ritenevamo avrebbe indotto a un chiarimento sindaco e giunta del Comune di Grosseto, che di Fondazione Grosseto Cultura è pienamente responsabile, il tempo - e non gli attesi chiarimenti - ha fatto piena luce. I quotidiani, un dibattito sull’emittente televisiva Tv9, interventi sui social hanno rivelato i segni di una negazione della cultura proprio nei soggetti che dovrebbero promuoverla. I fatti: è stato negato il rinnovo delle convenzioni ai precedenti gestori dall’oggi al domani, senza consultare i rispettivi direttori, come da Statuto, senza motivazioni sulla qualità del servizio, giudicato da tutti eccellente. La maggioranza che amministra Grosseto e il Cda della Fondazione lo giustificano con l’urgenza di un risparmio.

A spingerci a manifestare pubblicamente il punto di vista dell’Associazione Raccontincontri e della Libreria delle ragazze è l’ultima, recentissima e severa presa di posizione di una generosa operatrice culturale, Simonetta Grechi, organizzatrice di Clorofilla Film festival, che giustamente denuncia il dispregio di valori fondamentali, quali “diritto al lavoro, libertà di espressione...”. Operare nell’ambito della cultura per un ente pubblico esige rispetto dei diritti, trasparenza e valorizzazione di quei beni culturali che fanno crescere le comunità.

Un secondo motivo, tutt’altro che secondario, ci induce a prendere la parola: è la degenerazione, resa pienamente visibile da improvvidi interventi sui social, del dibattito sul “genere” (l’uso dell’asterisco - bambin* - in un comunicato interno della cooperativa Clan fu l’argomento da cui tutto ebbe inizio). Sia o non sia questa la causa dell’estromissione, è stupefacente l’esistenza, dimostrata, di una anacronistica ripulsa per una forma linguistica ormai ampiamente utilizzata.

Ospitammo lo scorso giugno la linguista Vera Gheno, collaboratrice dell’Accademia della Crusca, per presentare il suo ultimo libro Le ragioni del dubbio, pubblicato con Einaudi, sul tema dell’uso della lingua consapevole e rispettoso delle differenze di genere. Da lei abbiamo conferma della necessità di aprire il linguaggio, dell’essere la lingua segno di inclusione o esclusione. Sarebbe esterrefatta leggendo commenti di esponenti dell’amministrazione comunale e loro sostenitori, offensivi verso chi aderisca a formule tutt’altro che eversive. Inaccettabile che si esprima consenso ad affermazioni deliranti sul pericolo che correrebbero i bambini “alla mercé di questi delinquenti”, da mettere “fuori legge”.

Il fatto è che non si tratta solo di asterischi e lingua, ma di un pensiero e di un agire in una contraddizione insanabile col fare cultura».