Confagricoltura e Cia: “Una protesta di cui non si comprende la ragione”

Grosseto: «In merito al picchetto di protesta organizzato dai sindacati ieri mattina all'esterno della sede di Confagricoltura Livorno - si legge nella nota congiunta di Confagricoltura e Cia -, non comprendiamo la vera natura della azione sindacale intrapresa, che mostra forse più un desiderio nascosto di una malcelata voglia di visibilità a tutti i costi, preferita alla reale dinamica di una trattativa franca e trasparente, che si dipana seguendo le dinamiche imperniate sulla discussione e sul dialogo, negli incontri in fieri. Una trattativa in merito al rinnovo del contratto di lavoro delle tre province di Grosseto, Livorno e Pisa che ad oggi è risultata serena e costruttiva, tanto che era stato fissato un ulteriore incontro il 5 agosto per Grosseto e il 30 per Pisa, dopo quello di Livorno del 9 di luglio, prodromico a una successiva data. Nelle discussioni affrontate fino ad oggi, non avevamo mai avuto contezza di questioni insormontabili, né era mai stato fatto trasparire alcun disagio. Si erano affrontati temi importanti come la riqualificazione del personale dipendente, i permessi retribuiti e gli aspetti legati alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Il lavoro di qualità che passa soprattutto da un puntuale controllo ispettivo a difesa delle imprese sane. C'era veramente bisogno di un tale atteggiamento preventivo? Noi, in tutta sincerità, riteniamo di no, perché questo comportamento supera il rapporto costruttivo alla base dei rinnovi dei contratti di lavoro. "Concertazione" è sempre stata la parola d'ordine che ha caratterizzato i contratti nelle tre province, frutto di un dialogo sereno e franco con i sindacati, in particolare modo in un momento in cui la trattativa stava progredendo senza intoppi o apprensioni. Le difficoltà del settore e le prospettive economiche mondiali, preoccupano il comparto tanto da imporre una meditata valutazione circa il costo del lavoro. La mancanza di una efficace programmazione a livello europeo, fortemente condizionata da una politica troppo sbilanciata su principi non produttivi,  indeboliscono il settore agricolo tale da renderlo non più competitivo. La cerealicoltura soffre disagi strutturali e commerciali oppressi dalla speculazione e non di meno il settore della vitivinicoltura risente da tempo dell'instabilità politica mondiale che non ne facilita la commercializzazione. La zootecnica e gli altri comparti produttivi non riescono a mantenere le quote di mercato necessarie per generare la giusta remunerazione per le imprese e il settore ortofrutticolo patisce le difficoltà climatiche, soprattutto adesso che la carenza idrica è una manifesta realtà. Nonostante ciò resta vivo l'impegno al confronto».