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Sanità: Rsa, per distanze minime tra strutture occorre autorizzazione
Sì a maggioranza alla proposta di legge illustrata dal presidente Enrico Sostegni (Pd) con 21 voti favorevoli, 5 contrari e 9 astenuti
Firenze: Sì a maggioranza in Aula con 21 voti favorevoli (Pd e Italia Viva), 5 contrari (Fratelli d’Italia) e 9 astenuti (5S e Lega), alla proposta di legge “disposizioni in materia di distanze minime tra le strutture residenziali soggette ad autorizzazione (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale ”. “L’atto – afferma il presidente della commissione sanità Enrico Sostegni (Pd) - nasce dalla convinzione che sui servizi socio sanitari siano necessari una programmazione e un governo regionale in relazione alle esigenze dei cittadini, indirizzando verso una diversificazione”.
Per perseguire una programmazione più organica delle prestazioni ad integrazione socio-sanitaria erogate sul territorio regionale dalle strutture residenziali e semiresidenziali, si è ritenuto opportuno sottoporle alla verifica di compatibilità. Nelle more della deliberazione di Giunta, con cui verrà disciplinata questa verifica, relativa al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale, si è introdotta una norma di salvaguardia, con finalità cautelare per evitare un’insistenza delle strutture residenziali sul territorio non rispondente ai criteri della programmazione regionale. Non sarà, quindi, consentito realizzare e autorizzare da parte del comune, strutture residenziali che siano localizzate ad una distanza inferiore ad un chilometro, misurata in base al percorso pedonale più breve, dalle strutture medesime.
“Questa norma è transitoria – aggiunge Sostegni - rimarrà non oltre il 2026”. Sostegni ha spiegato le norme di salvaguardia: “Tali previsioni non si applicano qualora alla data di entrata in vigore della legge sia già stato rilasciato, nell’ambito della procedura per il rilascio dell’autorizzazione, parere favorevole al Comune di riferimento da parte della conferenza zonale integrata” o se “sia già stata presentata la SCIA o ottenuto il titolo abilitativo edilizio per l’esecuzione”.
“Questa legge, per come era stata formulata, era illegittima – afferma Diego Petrucci (FdI) - Su questioni similari si era espressa la giurisprudenza costituzionale dicendo che le Regioni non possono chiudere il mercato, se non avendo a disposizione un approfondito e coerente studio di programmazione che evidenzi come il mercato è saturo”. Petrucci ha espresso voto contrario perché “ritengo che il principio alla base dell’ordinamento regionale, che prevede che queste strutture non possono avere più di 80 posti letto, possa essere in teoria un buon principio con strutture piccole dove l’anziano ricoverato abbia la propria dignità”, “ma così- continua- le strutture che svolgono quest’attività, operano in un mercato chiuso senza concorrenza, dove l’offerta vale 100 e la domanda vale più di 100, con un’offerta superiore alla domanda, quelle strutture sono rimaste al palo senza aggiornarsi o ammodernarsi e restare al passo con i tempi”.
“Questo intervento è necessario – interviene Federica Fratoni (Pd) - Esiste un mercato e abbiamo la necessità di porre una sorta di moratoria, mettere un freno temporalmente definito per consentire alla Giunta di riempire questo vuoto”. “C’è la necessità di rafforzare il presidio sanitario di queste strutture, dove l’aspetto dell’accoglienza e della cura devono essere tenuti in considerazione”. “In una fase in cui il privato si è affacciato in modo intraprendente – aggiunge - innescando una sorta di gara, occorre ricondurre il tutto ad un quadro omogeneo di offerta”. Fratoni evidenzia come l’emendamento presentato “miri ad escludere da questa moratoria gli interventi di rigenerazione urbana, quegli interventi che associano all’inserimento di un Rsa ulteriori funzioni dedicate al pubblico, come l’housing sociale, e che mirino ad un recupero edilizio e ad una riqualificazione urbana più ampie”.
Maurizio Sguanci (Italia Viva), annunciando il voto favorevole, ha parlato di “una notevole disparità tra struttura e struttura, in alcune ci sono palestre, centri di riabilitazione e accoglienza di alto gradimento”. “In alcune Rsa ci sono le Ra (residenze per anziani) dove c’è già housing sociale ed è lì che si dovrebbe agire per un miglioramento”. Per Sguanci, “le prestazioni sono incredibili, ma anche l’appetibilità di queste strutture è appetibile”, “occorre perciò stabilire una tempistica che permetta che non avvengano disuguaglianze” e “dare alla Giunta la possibilità di elaborare progetti per far sì che queste residenze amplino i loro servizi a favore delle specificità che vanno ad ospitare”. Sguanci ha concluso il suo intervento affermando che “una volta aumentata l’addizionale Irpef, le Rsa private hanno aumentato le rette”.
“Uno dei tentativi di questa pdl è quello di evitare che tra qualche anno in Toscana ci siano solo grandi Rsa, proprietà di pochi gruppi in grado di fare cartello e determinare il prezzo per l’accesso”, ha detto Vincenzo Ceccarelli (Pd). Secondo Ceccarelli, con l’invecchiamento della popolazione “dovremo affrontare il tema della non autosufficienza e della fragilità degli anziani con strutture attrezzate, ma dovremo anche essere in grado di dare un presidio con servizi comuni e social housing”. “Questa proposta di legge vuole essere un monito al fatto che non siamo contrari ad avere offerta mista pubblico-privato, ma vogliamo una proposta che risponde ad una programmazione e ad una valutazione delle esigenze su dove queste strutture devono essere realizzazione e che salvaguardi le strutture pubbliche, dando opportunità a chi vuole costruire quelle private”.
“Concordo - interviene Giovanni Galli (Lega) - che la programmazione regionale sia fondamentale, ma ho visto riqualificazioni di un sito dove all’interno ci si infila sempre Rsa e housing sociale, non vorrei fosse un pretesto per dare maggior peso e forza a una scelta”. “Occorre – aggiunge - dare un servizio adeguato alle esigenze”. Galli ha espresso la difficoltà a votare sia contrario che favorevole.
Valentina Mercanti (Pd) ha ribadito la necessità che “il pubblico debba regolare il mercato” e che “la Regione deve rispondere a certi bisogni” e che “il tema dell’anziano debba essere affrontato a 360 gradi”.
“Mi domando come mai questa norma non sia passata dalla quarta commissione, visto che si parla di un criterio urbanistico” – interviene Francesco Capecchi (FdI). “Si parla di un intervento di natura cautelare” aggiunge. “In nome di questo, si propone di intervenire in una materia con regole ben chiare, a cui i privati hanno fatto un legittimo affidamento e grazie alle quali i Comuni hanno fatto i propri atti, anche di pianificazione urbanistica, che stanno avanzando anche rispetto allo status quo” e “noi si interviene con norma cautelare che incide su procedimenti in corso, che esporranno le amministrazioni comunali a sicuri contenziosi”. “Chiediamo – conclude - di fare un’ulteriore riflessione anche sotto il profilo urbanistico ed edilizio e di tutela della concorrenza, perché il rischio di questa norma è di intervenire in un mercato che si sta evolvendo, bloccando per due anni operazioni già in corso”.