Quel tragico lunedì di Pasqua

Celebriamo il 26 aprile 1943 nella nostra memoria e nel nostro cuore. Fu un evento tragico, in un certo senso inaspettato. E soprattutto fu incomprensibile e crudele. Se vogliamo fare comparazioni, confrontiamolo con i bombardamenti che la Russia sta facendo in Ucraina. Ancor oggi, dopo tanti anni, ci chiediamo il perché di una azione militare indirizzata sulle aree urbane civili e non sulle aree militari della città. Gli Alleati pare che si siano giustificati sostenendo che si tratto' di un errore ma questo argomento non ha margini di sostenibilita'. La cartografia di guerra era già sufficientemente precisa e i cacciabombardieri volavano a una quota talmente bassa che i piloti non potevano confondere i bersagli. E' prevalsa la tesi della proditorieta', utilizzata nella perfida logica che si era fatta strada sin dalle prime fasi del conflitto e della quale, anche se dispiace affermarlo, gli Alleati furono cinici esecutori.

I bombardamenti sulla popolazione civile ritenuti inevitabili per sfiancarne la resistenza e spingerla alla rivolta armata contro i nazifascisti. I grossetani, qualunque cosa si dica al contrario, non hanno mai perdonato agli Alleati, e soprattutto agli americani, quel terribile eccidio. Anche quando entrarono in città vittoriosi con le loro Jeep e distribuirono sigarette e cioccolate i grossetani fecero tepida festa, troppo nitide negli occhi le immagini di quei bambini delle giostre uccisi o rantolanti e il ruscello di sangue che attraversava il Corso. Poi, si sa, la conquistata libertà e le valanghe di generi di prima necessità che le colonne di autocarri USA scaricarono in citta' convinsero anche i piu' riottosi a fare di necessità virtu'. Ma quel tragico lunedì di Pasqua è ancora oggi una ferita sanguinante che nessuna cura è riuscita a risarcire.