Il nostro inverno del '56

Il freddo a Grosseto non ha mai trovato casa stabile ma quell’inverno andò diversamente. Per tutti gli italiani. Mia Martini ne fece una canzone, una delle sue più belle. L’inverno del ’56. Un gelo universale che attanagliò l’Italia e strinse anche la nostra città in un gelido abbraccio. A pensarci bene, qualcuno potrebbe chiedermi come faccia a ricordarmene. Non saprei rispondere. Lo ricordo non perchè fece un freddo eccezionale. Lo ricordo perché l’eccezionalità prese il sopravvento sulla normalità e sulla consuetudine. Camminare sui marciapiedi e stare attento a non scivolare sulla lastra di ghiaccio che si era formata sopra. Aprire la finestra ed osservare i ghiaccioli che come stalattit scendevano giù dai tetti. Fare a pallate di neve. Ritrovarsi insomma in una città del nord quando da sempre eri abituato a vivere nel calore di una città del sud. 

Grosseto sotto la neve comunque era la Grosseto di sempre. O meglio, di allora. Quando il tempo non aveva ritmi o cadenze forzate e ripetute. Quando potevi entrare in una bottega (negozio non è termine del nostro vocabolario territoriale) e stare lungamente a chiacchiera col bottegaio senza renderti conto che l’orologio continuava a scandire i minuti e le ore. Il tempo, allora, non ti appariva un nemico come lo sarebbe diventato dopo, a poco a poco, con l’incalzare dell’età, degli affanni e delle incertezze che sostituivano le certezze. Piazza della vasca di allora è un ricordo vivo e lancinante. Forse perché tutte le strade conducevano a lei. Soprattutto la mia via Oberdan, oggi così diversa da quella che mi ha visto nascere e crescere. Quando l’attraverso, tengo lo sguardo rivolto verso il basso. Non voglio osservare quel lato dove sorgevano i palazzoni comunale e le case della Rama, oggi sostituiti da un edificio indefinibile. Ogni numero civico, ogni bottega, mi ricordano un volto, un sorriso, una parlata. Potrei elencarli ad uno ad uno. Ma cosa ne penserebbero Pietro e Sergio Soldati, le sorelle Rossi della drogheria, Daddo Minucci dell’alimentari, il sor Caselli della bottega di pannina, il Mori della pasta fresca… solo per citare un piccolo elenco di memorie indelebili? E i vigili del fuoco, con la loro caserma sempre animata e piena di vita, proprio nel tratto della via che fa angolo con l’edifico della Prefettura?

Mi piace pensare che, dove sono adesso, che non so neppure io dov’è, mi guardino e facciano spallucce. Come a voler dire “..lascia perde… qua dove siamo non fa freddo….” E quest’immagine basta a consolarmi dell’esproprio subito.

(nella foto l'ultima nevicata a Grosseto del 2018)