Un successo lo spettacolo “Un sogno a Istanbul” al Teatro degli Industri

Grosseto: È stato uno spettacolo molto interessante “Un Sogno a Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna”, una riduzione teatrale di Alberto Bassetti, liberamente ispirata al libro “La cotogna di Istanbul” dello scrittore e giornalista triestino Paolo Rumiz.

Una messa in scena garbata, nonostante si parli di argomenti terribili come la guerra e la morte che, però, sono bilanciati, sia dalla struggente passione tra i due protagonisti con tanto di eros, sia dall’icona della mela cotogna di Istanbul, frutto delicato che in quella cultura rappresenta appunto l’amore.


La realizzazione di quest’opera teatrale è complessa e vede intersecarsi più registri narrativi ed espressivi, collocati in luoghi e nazioni diverse e in più anni, con musiche originali i cui testi riprendono il libro di Rumiz che è scritto in endecasillabi.

Tuttavia, lo spettacolo scorre bene, non appesantisce, lascia addosso un leggero senso di frastornamento, dovuto a queste diatonie come amore e morte, ma anche lo scuro della malattia e il giallo solare della mela cotogna.

Sicuramente gioca un ruolo importante la bravura degli artisti coinvolti, primi fra tutti i due protagonisti, Maddalena Crippa (Maša) e Maximilian Nisi (Maximilian), ma anche Mario Incudine e Adriano Giraldi, voci narranti precise ed efficaci che alternano continuamente dialoghi e racconti, oltre a musica.


Un capitolo a parte, infatti, meritano le musiche originali di Mario Incudine, da lui stesso eseguite dal vivo col piglio dei cantastorie del passato, che giocano un ruolo importante in tutta la narrazione, richiamando la mela cotogna ma anche il sentimento che scuote Rumiz nella sua narrazione.

La regia è di Alessio Pizzech, scene e costumi di Andrea Stanisci, disegno luci Eva Bruno - produzione La Contrada Teatro Stabile di Trieste/Arca Azzurra.

La trama di questo spettacolo è quella dell’amore, impetuoso e drammatico, tra Max e Maša in un’Europa devastata dalla guerra dei Balcani. Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, arriva nel 1997 a Sarajevo per motivi di lavoro, dove subito si innamora di Maša, donna bosniaca, misteriosa e affascinante. Max parte e passeranno tre lunghi anni prima di ritrovare Maša, i tre fatidici anni di cui parlava “La gialla cotogna di Istanbul”, canzone d’amore che Maša gli cantava quando erano insieme. Si incontreranno di nuovo, uniti nel forte sentimento e proveranno, inutilmente, a sfidare il destino avverso.

E’ uno spettacolo mesto, persino doloroso, ma pure grondante una dolcezza inesauribile. Sul palco si amalgamano e si sorreggono a vicenda la bellezza della storia narrata, l’amarezza per le terre tormentate da una guerra assurda, la metrica dell’endecasillabo.


Rumiz spiegava che era uscito a pezzi moralmente e professionalmente dalla guerra bosniaca. Le sua esperienza diretta (i massacri degli innocenti compiuti a Sarajevo e nella Bosnia) lo aveva segnato profondamente in maniera indelebile, al punto che ogni certezza era svanita e pensava anche di smettere di fare il giornalista. Dopo qualche anno egli è inviato di nuovo a Sarajevo per narrare la città dopo la fine del conflitto. Qui Rumiz conosce una vedova, di qualche anno più giovane di lui, vestita di nero, di una bellezza coinvolgente, estremamente colta, che lo guida nella parte della città che non aveva potuto vedere a causa dei cecchini durante la guerra. Rumiz rimane stregato da questa donna che gli fa oltrepassare i suoi dolorosi e oscuri confini personali e grazie a lei riesce a parlare dell’orrore della Bosnia e di Sarajevo.

È così che la canzone della cotogna di Istanbul e la musica sevdalinka bosniaca iniziano a scavare nella testa di Rumiz e fanno emergere il dolore rimasto sepolto, i racconti raccolti negli anni di cammino tra genti e popoli. La canzone narra dell’amore struggente tra due giovani, osteggiato e destinato a non realizzarsi: la ragazza si ammala e chiede al ragazzo di portarle una cotogna di Istanbul che la guarirà. Lui va ad Istanbul ma quando torna con la mela, la ragazza è morta. Rumiz prende dalla vedova questa storia, che quasi rivive dal vero, anche ella è malata e anche lui, per uno strano destino in quel periodo va proprio ad Istanbul per lavoro e, ovviamente, trova un venditore di cotogne ma in quel preciso istante ha immediatamente la certezza che la donna di Sarajevo sia morta.

“Un sogno a Istanbul” è una storia affascinante, dai temi universali, curata nei particolari che il pubblico grossetano ha applaudito vigorosamente.

“Un Sogno a Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna” era in scena al Teatro degli Industri di Grosseto, il 13 e 14 dicembre 2024.