La sindaca Nappi alla 41° Assemblea Nazionale dell'ANCI al Lingotto di Torino
Siamo giunti alla celebrazione annuale dei santi e dei defunti
Siamo un popolo profondamente legato alle tradizioni, particolarmente a quelle di origine religiosa. Per questo stentiamo ad accettare le tradizioni di importazione. Di zucche vuote ne abbiamo in abbondanza senza che ci sia bisogno di farne venire dall' estero. Per questo io e l'amico Massimiliano Tozzi a suo tempo decidemmo di fare satira su Halloween. Lui con il suo stupendo linguaggio medievalizzante. Io inventandomi un personaggio, tale Oracipensoio, principe di Porta Vecchia e tenutario dei Lavatoi. Abbiamo recentemente deciso di proseguire nella creazione di altre storie fantastico assurde sul solco di questa che postiamo nuovamente dopo la "prima" del 2017, confidando di nuova nella vostra benevola accoglienza o, in ipotesi, nella vostra tolleranza.
Cronache del capoluogo grifonato.
Passato che fue lo gran periglio posto dal Bavaro Ludovico, e l'aspra pugna che el conseguì, all'ultimo dì del mese di ottobre dell'AD 1328, la fiera rocca di Grossetum andò incontro a desueta, repentina minaccia. Lo borgo, agghindato pe' le feste de li Santi e de li Defunti, fiorito era de ghirlande et festoni cum fichi secchi, cipolle, drappi arazzi et latri et vigliacchi a la gogna qual sommo ornamento. Quando ecco, apparsi dal nulla, soggetti mosteruosi de bassa statura invasero li vicoli, in camuffamento chi de spectro, chi de vampiro sanguisugo, de zombo o addirittura cum casacca albo-atra de lo gobbo Higuaíno. Et recando seco zucche tassellate a guisa de coccia de trapassato, presero a insidiare gli stricchi merchanti de lo centro con la formula stregonesca "dolzume o lazzo". E li lazzi conseguenti a lo refiuto erano, fra gl'ischerzi tipici de quel tempo, li più innocui: quando una ranzagnolata nel muso, quando una secchiata de boctino indosso, quando una stanza incendiata. L'episcopo et lo borgomastro pativano ambasce, nel cercare li responsabili de tanta contumelia: pensorno dapprima a un'actione de li putrebondi birri de Fortitudo Novella et de Magione Sterlina, ma scartarono le ipotesi dato lo troppo elevato tasso de barlume degl'ischerzi.
Chi potea dipanar la matassa?
“Señores , que pasa por la cabeza en esto momento....?" La voce stentorea di Messer Orcipensoio de la gente di Portavecchia (ignorasi per quale oscura ragione in lingua spagnola) echeggiò nella piazza del cosiddetto Sale (fino o grosso..? Mumble mumble…). Nella piazza stava radunato il popolo di Porta oppidi.Una sorta di corte dei miracoli. Cortigiane, ladri, saltimbanchi, nani e carrettieri, scopini e sturacessi cenciosi e pidocchiosi da una parte. Il clero in pompa magna, vescovo e capitolo della cattedrale al completo, frati del convento di S. Francesco dall’altra. Dal bastione del Maiano, allora sede del canile municipale, proveniva un continuo, insistente, rabbioso latrare.
“Piazza Grande è invasa da una folla di truci ribaldi, siano essi zombi, oppure streghe o gobbi (di parte giuventude..?). Il popolo è atterrito. I bottegai pure. Cosa possiamo fare per porre fine a questo scempio?” - tuonò il prence dei Lavatoi.
“Io un’idea ce l’avrei...” mormorò sommessamente Sozzo di Rustichino (di nuovo a Grosseto per lavori alle mensole del Duomo, preoccupato che potessero distaccarsi e cadere in testa a qualcuno nei successivi secoli). Da qualche giorno gli echeggiava in testa una vocina che gli turbava il sonno: “Sozzooo... Sozzoooo... Santa Croceeee, pensa a Santa Croceeeee”....)
“Parla Sozzo… non tenermi in ambascia” - tuonò di nuovo il prence Oracip
“Carichiamo quattro carri di cachi” - fece Sozzo
“Di cachi…? E per farne cosa…? Conserva..?” - rispose il prence sorpreso e quasi irritato.
“No, messer Oracip... su ogni carro poniamo quattro cacotiratori... li mandiamo in piazza... a far piazza pulita facendola sporca” - replicò Sozzo con prontezza.
“Mumble muble...” fece il prence grattandosi la zucca (la sua, quella vera, non quella allowenata)... forse comincio a comprendere...” quindi replicò con un radioso sorriso sul volto.
“Bravo Sozzo... grande idea..! " e giù una pacca formidabile sulle spalle di Sozzo, che per poco non battè una musata sul selciato della piazza.
“Orsù... che si corra agli orti umbronali a raccogliere più cachi possibile...” ordinò imperiosamente il prence.
Non erano trascorse due ore che i cachi, raccolti in enormi cestoni, facevano bella mostra di sé su carri trainati da buoi dalle lunghe corna sbuffanti e muggenti. Sopra ai carri, quattro sgherri caco tiratori con armature blindate e caschi da minatori.
“Che San Lorenzo sia con voi“ fece Oracipensoio mentre il vescovo incensava e benediceva i combattenti. Tra gli applausi, le urla , gli sputi e le sassate della corte dei miracoli e le benedizioni di preti e frati il corteo dei carri percorse di buona lena la via di accesso a piazza Grande.
Una miriade di zombie, vampiri, scheletri, gobbi si fece incontro ai carri in mezzo ad una atmosfera da tregenda. Già molti corpi abbattuti a colpi di ranzagnolo o da lanci di vasi da notte giacevano rantolanti a terra tra gemiti, strepiti, rotoli di carta igienica srotolati marca Queen, lingue di menelicche, regolizie giganti, leccalecca, fischietti da arbitro Rocchi.
Ai primi “dolcetti scherzetti” indirizzati ai nuovi arrivi partì dai carri una sgragnolata di cachi maturi lanciati con ogni mezzo: con le mani, con le sfrombole, con pale utilizzate come catapulte mobili, con cucchiaioni di legno (scucchiaioni, insomma.) Il cielo di piazza Grande si tinse di un meraviglioso color orange, tra voli di piccioni impauriti ed impazziti che tentavano di schivare quella pioggia inarrestabile di frutti maturi ed appiccicosi.
Prima la sorpresa, poi lo scompiglio, infine la ritirata.
Sul selciato della piazza un agglomerato informe di “hallowenati” sguazzava tra i cachi spiaccicati su tutte le parti del corpo. Cadevano a terra come mosche e tentavano vanamente di rialzarsi ma ad ogni tentativo teneva seguito una ennesima caduta sul pavimento scivoloso, tra urla agghiaccianti, imprecazioni e bestemmie invelenite. Oracipensoio veniva inviato in maniera corale sistematicamente a fare un lato B, ma Sozzo era contento, perché i cachi colpivano tutti sul lato A, quindi il prence, che poi neppure era presente, stava al sicuro. La piazza venne rapidamente svuotata dai rompicorbelli zuccaioli, in fuga vergognosa lungo il corso verso Portanova al grido di “si salvi chi puote”.
I coraggiosi lanciatori di cachi ridiscesero trionfanti verso piazza del Sale Iodato, accolti da due ali di folla festante e da tutto il popolo di Porta Vecchia e... tanto per gradire... dai lanci dei cachi avanzati rimasti nei cestoni a Portavecchia.