Il pattino: strumento di fuga dalla genericità anonima della spiaggia

di Massimo Ciani Il pattino. Le lunghe code per averlo a noleggio. Le spinte vigorose a braccia per spingerlo verso il largo. Che sensazione mettere i piedi nell’acqua mentre il compagno di viaggio armeggiava sui remi e imprecava contro di te che frenavi….

Ti sembrava di essere il comandante di un porto che non c’era. Piano piano ti lasciavi alle spalle gli schizzi dei bagnanti, le ciambelle, i cercatori di arselle, i canoisti improvvisati, le grida e le risate dei bimbi che facevano capriole nell’ acqua. Piano piano i rumori diventavano ovattati, sempre più flebili. Li immaginavi quasi, perché non si sentivano più. Sotto il solleone il pattino era il tuo strumento di fuga dalla genericità anonima della spiaggia, degli ombrelloni, dalla sabbia che il vento sollevava in fulminee folate.

Quell’acca a quattro punte, con i simboli del bagnetto di appartenenza e quella buffa panchetta su cui sedere non era solo un’imbarcazione. Era il vascello della filibusta. E tu il pirata dall’occhio bendato. Marina si faceva sempre più piccola e più distante, laggiù, in lontananza. Scorgevi la foce del Fossino e ti sorprendevi da come apparisse così lontana. Intorno solo qualche bagnante coraggioso, che nuotava con tanto di maschera, boccaglio e pinne. Lo invidiavi, perché l’acqua era talmente limpida e trasparente che potevi vedere il fondale. E infine il bagno. La successione dei tuffi. Il sapore salmastroso che ti entrava in bocca e nelle narici. Non avresti smesso. E il morto..? Ma volete mettere quale sensazione provavi nel fare il morto al largo, nel lasciarti andare, facendoti cullare dal movimento ritmico, insinuante, quasi sensuale dell’onda lunga.

”Maremma …ma lo sai che ore so’..?  Bisogna rientra’…. e poi s’è speso dumila lire ….porc…” Eccola lì, la spoetizzazione, il pragmatismo concreto del tuo compagno di crociera, che interrompeva un idillio tra l’uomo e il mare, riconducendoti alla tragica aridità del presente. E non era tutto lì. Remata frettolosa e di gran lena. A riva il bagnino che troneggia a braccia conserte, sigaretta accesa tra le labbra e sguardo trucido. Non fa scenate. Si limita a sibilare tra le labbra “….era ora..”. Discesa dal vascello. Pagamento del guiderdone, racimolato alla belle e meglio nelle tasche dei pantaloni lasciati sul bagnasciuga. Ma soprattutto un grande, incommensurabile, senso di appagamento. Allora. Di struggente nostalgia. Oggi.

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