Grosseto non è altro che Kansas City

Eccoli gli americani. Chewing gum, sigarette e "come on boys". Qui a Grosseto dovremo attenderli ancora un anno, i liberatori. Arriveranno nel giugno 1944 e ci mostreranno l'altro volto della guerra, quello che fino ad allora non avevamo conosciuto se non nei film Luce e negli ascolti clandestini di Radio Londra. Ci confrontammo con loro e li toccammo, quasi per capire se esistevano davvero, come erano fatti e cosa avessero di diverso da noi, a parte la lingua e l'esser bene in carne, segnale di assenza di quella fame permanente che da anni ci permeava le viscere e rendeva le nostre notti insonni al pari e forse più della paura dei bombardamenti.

Eccoli dunque scivolare per le vie cittadine con le loro jeep, i loro sorrisi profusi a tutta dentatura, le loro distribuzioni di cioccolate e sigarette. Il popolo, nonostante tutto, rimase diffidente. La ferita aperta dai bombardamenti ed in specie da quello del 26 aprile 1943 era ancora sanguinante e quei doni, pur graditi, non potevano bastare per risarcirla. Pian piano però gli spigoli si smussarono e pochi anni dopo, grazie alla fantasia creativa di un grandissimo scrittore come Luciano Bianciardi, ci accorgeremo che Grosseto non è altro che Kansas City e che i tratti di somiglianza della nostra martoriata città con il modello americano sono incredibilmente numerosi.