Giorno del ricordo: Giani, un dovere andare a fondo della storia

L’intervento del presidente della Regione Toscana ha chiuso la Seduta solenne dell’Assemblea legislativa: “Grazie all’Europa si stanno rimarginando le ferite. Ripristinare senso di solidarietà verso le famiglie costrette all’esodo”

Firenze: “E’ nostro dovere andare a fondo della storia e guardare al futuro senza fare l’errore di cancellare dalla memoria questa pagina, che è fondamentale nella lettura storica delle vicende che si accompagnano alla seconda guerra mondiale, al fascismo e al nazismo”. Così il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani questa mattina a conclusione della Seduta Solenne del Consiglio regionale dedicata al Giorno del Ricordo e all’orrore delle foibe e all’esodo giuliano-dalmata.

“Abbiamo vissuto una sorta di dimenticanza del dramma che si consumò in territori italiani come l'Istria, la Dalmazia, Fiume - ha affermato – e sono orgoglioso che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, un toscano, abbia voluto identificare il 10 febbraio, la data di un importantissimo trattato di pace, come il Giorno del Ricordo. Oggi dobbiamo tramandare questa memoria, soprattutto ai giovani, perché è attraverso di loro che passa il senso di ragionevole rilettura della storia, affinché non debba e non possa ripetersi mai più ciò che è accaduto col dramma delle foibe".

“E’ indubbio – ha continuato Giani - che grazie all’Europa si stanno a poco a poco rimarginando ferite che sono rimaste sempre vive nel corso di questi decenni. I segni di speranza oggi ci sono: nel 2025 Gorizia e Nova Gorica saranno insieme capitali europee della cultura. Inoltre dal 1° gennaio la Croazia è entrata nell’area dell’Euro e questo è un elemento che faciliterà le relazioni e i rapporti sul piano economico e commerciale”.

Giani si è poi concentrato sul dramma “dell’allontanamento di massa”. “E' fondamentale il ricordo delle migliaia di persone uccise e gettate nelle cavità del Carso, solo perché italiane – ha detto - Altrettanto importante è ricordare il destino dei loro familiari e dei 350mila italiani che furono costretti ad abbandonare le loro case, le loro famiglie, un radicamento secolare, per trovare nella penisola condizioni di accoglienza precarie e spesso espressione di diffidenza. In questo dobbiamo essere autocritici. In tanti si sono integrati in alcune parti d’Italia ma, a causa della dimenticanza del loro dramma, hanno vissuto un’accoglienza non sufficientemente solidale e serena. Attraverso il Giorno del Ricordo dobbiamo ripristinare il senso di profonda solidarietà e vicinanza verso queste famiglie”.

“Attraverso occasioni come questa – ha concluso - vogliamo e dobbiamo recuperare i motivi politici che hanno portato alla lettura sottaciuta del dramma delle foibe. Dobbiamo guardare al futuro dell’Italia e dell’Europa, col compito non facile di rimarginare le ferite, avendo sempre consapevolezza e memoria. E’ questo ciò che ci chiamano a fare le nuove generazioni”.