Da trent'anni non andavo al cinema

Da trent'anni non andavo al cinema e probabilmente avrei continuato a non andarci se l'intuito sopito dall'età e dagli acciacchi non avesse avuto un brusco risveglio, un presagio, una premonizione e non chiedetemi perché sia accaduto. Forse, anzi senza forse, perché una delle mie due nipotine si chiama Delia. Un nome antico, diffuso quando ero giovane ma oggi passato un po' in disuso. Ormai credo che abbiate compreso quale pellicola sono andato a vedere. Le quindici del pomeriggio sono un orario da cinema di quando avevo dieci anni e varcavo la porta del popolarissimo ASTRA  della famiglia Palandri, altrimenti conosciuto con il piu' ironico nome di Pidocchino, quello con il noto "riscaldamento a fiato" degli anni '50.

E' stato così che io e mia moglie ci siamo ritrovati alle 14.45 davanti a quel cubo scuro dell'Aurelia Antica che tanto somiglia alla Casbah dove viene custodita la Pietra Nera ma che oggi, nel terzo millennio, risponde al nome di Multisala. Vi confesso che ci sentivamo smarriti, come precipitati da un'epoca non nostra in un'altra che appunto essendo altra appartiene ad altri.

Siamo entrati che non comprendevamo neppure dove fosse la biglietteria, al che dalla postazione bar ci hanno detto, quasi sorpresi da cotanta ignoranza, che la biglietteria era proprio quella, il bar, dove ci hanno consegnato due biglietti senior dietro pagamento di minor guiderdone e consegna di un sacchetto stracolmo di popcorn. Sì. Proprio pop corn, e per poco non piangevo. I ricordi mi portavano ai pacchetti di semi e noccioline del Lulli. I magici semi di zucca abbrustoliti. Quelli raccolti dentro le schedine del Totocalcio arrotolate a forma di cono.

Quei pop corn sapevano tanto di made in USA. Ma non di sale cinematografiche al chiuso. Di quelle car drive, all'aperto, con tanto di Cadillac scoperte, occupate da girls bionde e boys dai ciuffi imbrillantinati. Sospiro. Entriamo.La sala è vuota. Io mi aspettavo le mitiche platea e galleria. La  platea regno dei poveri e la galleria dei meno poveri (benestanti ai miei tempi era una parola grossa). Credo di non essere mai stato in galleria e non me ne sono mai pentito. In galleria si sarà anche visto meglio il film ma il fumo delle sigarette che saliva dal basso te lo respiravi tutto, anche se  non eri fumatore. E la maschera? Dove era la maschera? Hai voglia a lanciare in giro occhiate a 360°. Niente maschera a indicarti la poltrona con il fioco lumicino della lampadina accesa. Dei miei Cardellino, Gallina , il Mutino manco l'ombra. Da tanti anni se ne stanno lassù,in cielo, da qualche parte. Me li immagino seduti comodi su accoglienti poltrone di nuvole a godersi finalmente quelle pellicole che un ingrato mestiere aveva loro impedito di vedere in vita. Eppure, quando si sono spente le luci, ho avuto la sensazione che fossero li' vicino a me, sprofondati in una di quelle stracomode poltrone a schienale reclinabile che nulla hanno a che vedere con le sedie di legno dei miei tempi andati.

La sala nel frattempo si era riempita. Non era il pubblico variegato ed ululante dei miei tempi. Non volavano scapellotti in guisa di gioco allo schiaffo del soldato né il coro incessante e sgranocchiante di semi di zucca le cui bucce, sputate per aria, terminavano la loro corsa inesorabilmente addosso a qualche spettatore che dava immediato inizio a una litania di madonne sconsacrate. Niente pernacchie. Niente rutti. Piu' avanti forse qualcuno iniziava a russare. Per stanchezza o noia non è dato sapere. Una compostezza, un silenzio di cui non avevo ricordo. E poi mancava il fumo. Quel fumo azzurrino che, ricordo, saliva a volute lente verso l'alto alla ricerca di una via d'uscita, quella via che ai miei tempi offrivano i tetti semoventi dei cinema, rigorosamente aperti nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo. Quei tetti aperti meccanicamente che nelle terse sere d'inverno e d'estate, se alzavi lo sguardo verso l'alto, uscito il fumo ti conducevano a "riveder le stelle".

Scusate ma sono andato fuori tema sull'onda travolgente dei ricordi.

Dovrei aggiungere che se ti si sedeva davanti uno alto erano dolori e soprattutto torcicollo,nel tentativo di tenere scoperto un angolo di visibilità, tale da impedire di unirti al coro degli smoccolatori, dei tossitori, degli scatarratori da tabacco, dei raffreddati in continuo incessante utilizzo della pezzola da naso. E chel dire quando qualcuno voleva entrare o uscire dalla fila, magari nel momento più interessante del film, tipo che l'assassino sta per confessare o i due protagonisti si scambiano un bacio appassionato dopo vicissitudini che li hanno tenuti separati per così lungo tempo? Un unisono "tutti in piedi" provocava la reazione incontrollata degli spettatori della fila successiva ed era grasso che cola se tutto terminava in una sequela di imprecazioni stile Maremma. 

Nonostante i propositi ho proseguito ad andare fuori tema e mi sono tuffato in un mondo che non esiste più ma che ricordo con nostalgia infinita.