Giornata Mondiale degli Oceani, allarme WWF per il "Mare fuori"

Il Mediterrneo è la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo. Un nuovo report apre la Campagna GenerAzione Mare che vedrà da qui a settembre migliaia di volontari e cittadini coinvolti in attività di citizen science sulle Vele del Panda, monitoraggio e sorveglianza nidi tartarughe marine, 40 eventi di pulizia di spiagge e fondali dall’incubo plastica.

Roma: Il mare fuori, che ‘lontano dagli occhi’ occupa i territori oltre le 12 miglia dalla costa, è essenziale per la vita marina e di conseguenza per la nostra salute e benessere, ma due terzi (66,8%) del mare aperto italiano sono sotto assedio: traffico marittimo, pesca insostenibile, inquinamento tutto aggravato dagli impatti del cambiamento climatico che colpiscono fortemente tutto il Mediterraneo. In questo spazio vivono, si nutrono, si riproducono, o semplicemente lo attraversano nei loro spostamenti, le specie ‘pelagiche’, tra cui balenottere comuni, capodogli, globicefali, tursiopi, stenelle, foche monache ma anche tartarughe marine, squali, tonni, pesci spada e fuori dall’acqua uccelli come berte, sterne e uccelli delle tempeste. È urgente salvare questo spazio sconosciuto e ricchissimo di vita, ricco di paesaggi variegati con montagne sottomarine (circa 300 in tutto il Mediterraneo), fosse profonde che si inabissano fino a 5.000 metri di profondità e oltre 500 canyon sottomarini, dove la biomassa e l’abbondanza di specie possono essere da 2 a 15 volte superiori rispetto alle aree circostanti alle stesse profondità.

L’allarme viene dall’ultimo report del WWF Italia - “Sos Mare fuori. Minacce e soluzioni per la tutela del mare aperto” - lanciato nella Giornata Mondiale degli Oceani e che inaugura anche la Campagna WWF GenerAzione Mare, giunta alla sua settima edizione.


Generazione Mare. Per tutta l’estate la campagna vedrà in azione migliaia di cittadini, volontari, aiutati da ricercatori, pescatori, gestori di aree marine protette in centinaia di iniziative come le circa 100 attività di pulizia delle spiagge e dei fondali, la sorveglianza di spiagge per scovare le tracce di deposizione delle tartarughe marine e aiutare a recuperare gli esemplari feriti, citizen science nelle crociere di ricerca con gli esperti per studiare la presenza di cetacei in 50 crociere sulle Vele del Panda, i corsi di formazione per guide whale watcher, la sperimentazione di segnalatori acustici per il recupero degli attrezzi da pesca abbandonati. Un programma che si snoderà fino a settembre e che già in questa prima Settimana degli Oceani prevede numerosi appuntamenti, a cominciare da giovedì 8 giugno con la liberazione di una tartaruga marina curata nel centro recupero WWF di Policoro, in Basilicata (l’8 giugno è anche il 28° compleanno dell’Oasi) e domenica 11 giugno a Molfetta (anche qui grazie al centro recupero tartarughe marine WWF).

In programma poi, per il progetto RipartyAmo, oltre 40 eventi di pulizia di spiagge e fondali, da Ustica all’Isola delle Femmine, da Torvaianica a Lerici , la spedizione di ricerca WWF per il monitoraggio dei cetacei nel canyon di Castelsardo e gli eventi a cui partecipa la Riserva Marina di Miramare nell’ambito del Festival dell’Oceano MareDireFare a Trieste. Il 12 giugno partirà anche la sperimentazione di cassette alternative per la pesca contro la dispersione di plastica in mare, con la consegna alla comunità di pescatori di Portorosa in Sicilia. Per tutta l’estate verranno promossi anche gli Ecotips sui comportamenti virtuosi in difesa degli oceani mentre per i più piccoli è stato creato un nuovo Gioco del Mare sulla piattaforma WWF One Planet School https://oneplanetschool.wwf.it/gioca-e-scopri/il-gioco-del-mare per scoprire la ricchezza del Mediterraneo. Si è rinnovata anche la collaborazione tra il WWF e il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera con la firma del Protocollo di Intesa con una cerimonia avvenuta in questi giorni alla presenza del Presidente WWF Luciano di Tizio e il Comandante generale ammiraglio Nicola Carlone.


Proteggere il Capitale Blu. Il messaggio comune è proteggere il Capitale Blu e garantire i servizi ecosistemici del Mediterraneo, che generano, tra risorse ed attività, un valore annuo di 450 miliardi di dollari: uno dei mari economicamente più importanti al mondo.[1]

Per proteggere il ‘mare fuori’ occorre garantire uno spazio sufficiente per la biodiversità e una gestione sostenibile delle sue risorse, anche con la collaborazione tra istituzioni, paesi e organizzazioni. Ad oggi solo il 4,2% dell’intero spazio marittimo italiano è protetto, si arriva a un 5% se si considerano anche le misure di gestione spaziale della pesca come le Zone di Tutela Biologica e le Zone di Restrizione della Pesca (FRA). Nel report il WWF chiede che l’Italia si attivi concretamente e con urgenza per tutelare il 30% di tutto lo spazio marittimo, con aree marine protette, siti natura 2000 ma anche misure di gestione della pesca efficaci. 10 le aree prioritarie per la protezione, nuova o rafforzata, del mare aperto identificate dal WWF : Canale di Sicilia e Sud Adriatico, due macro-aree già riconosciute come Aree Ecologicamente e Biologicamente Significative dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, ma anche Golfo di Taranto, Arcipelago Pontino, Canyon di Castelsardo, Canyon di Caprera, Arcipelago campano, Arcipelago toscano, Arcipelago eoliano e Santuario Pelagos.

Ma per garantire che anche nel restante 70% del mare, le attività umane siano condotte nel rispetto degli ecosistemi marini, evitando ulteriori danni a un ambiente già degradato e minacciato sarà cruciale anche la capacità del nostro paese di pianificare e gestire tutto il suo spazio marittimo, un’area di 537.733 km2 . Per farlo, l’Italia deve implementare senza ulteriori ritardi i piani di gestione dello spazio marittimo, le cui bozze secondo l’analisi del WWF, ancora non soddisfano criteri chiave, come l’identificazione delle aree per il 30x30 e per le rinnovabili offshore, e la gestione degli impatti del cambiamento climatico.


Mare sotto assedio. Il report del WWF denuncia l’assedio crescente alle risorse del mare pelagico, dove alla biodiversità marina resta solo un 27% teoricamente libero dagli impatti diretti (ma non da quelli indiretti e cumulativi). Il 73% degli stock ittici vengono ancora pescati oltre i limiti sostenibili, più velocemente della capacità di riprodursi delle specie. Sebbene lo stock di tonno rosso del Mediterraneo e Atlantico orientale sia finalmente in via di recupero grazie a efficaci misure gestionali, permane la pratica completamente insostenibile delle gabbie di ingrasso dove, per far crescere 1 kg di tonno, servono 15 kg di piccoli pelagici, come acciughe e sardine, già sovrasfruttate. Il ‘mare fuori’ è un intreccio di autostrade percorse da navi sempre più numerose: nel Mediterraneo si concentra il 15% dell’attività marittima mondiale e il 20% del commercio marittimo globale con circa 200.000 navi all’anno. Un rischio crescente per le collisioni con i grandi cetacei.

Il Mediterraneo è la sesta grande zona di accumulo dei rifiuti plastici al mondo e proprio in ambiente pelagico ci sono i peggiori accumuli: tra il corno della Corsica e l’isola di Capraia si accumulano rifiuti regolarmente per un gioco di correnti, una minaccia per il Santuario Pelagos dove si registrano i valori tra i più elevati di microplastiche al mondo. Colpa dei rifiuti ma anche degli attrezzi fantasma (reti e altri attrezzi da pesca abbandonati) che diventano anche trappole mortali per tartarughe, cetacei e squali. L’inquinamento è aggravato dal traffico petrolifero (17% di quello mondiale è nel Mediterraneo) e dalle attività di estrazione al largo: ogni anno tra le 50.000-100.000 tonnellate di prodotti petroliferi finiscono in mare “solo” per gli sversamenti illegali. Ad aggravare la condizione già compromessa ci sono gli effetti del cambiamento climatico che amplificano tutti gli altri effetti. Acidificazione, deossigenazione, innalzamento del livello del mare, aumento della frequenza e intensità dei fenomeni estremi rendono anche la biodiversità pelagica più vulnerabile. È stata registrata già una riduzione delle dimensioni del plancton e delle sue proprietà nutrizionali. Nel Golfo del Leone, secondo studi recenti, le sardine disperdono più energie per nutrirsi di plancton e questo a scapito della loro crescita: dalla metà degli anni 2000 la loro dimensione è passata da una media di 15 a 11 cm (da 30 a 10 grammi) con impatti negativi sugli equilibri biologici e l’economia dell’area. Infine, molti dei settori marittimi come l’installazione di parchi eolici off-shore, acquacoltura, trasporti e turismo di massa, sono tutti in espansione: il solo traffico marittimo è destinato ad aumentare del 4% all’anno fino al 2030. Tutte attività accomunate dall’occupazione di spazio che viene sottratto alla biodiversità marina con impatti cumulativi crescenti.


Le soluzioni. Nel report il WWF elenca le soluzioni, tra cui la protezione del 30% del mare con una rete efficace di aree marine protette e altre misure di protezione spaziale (OECM) in ottemperanza alla nuova Strategia Europea sulla Biodiversità al 2030. Nuove aree protette nelle acque offshore, efficacemente gestite, come richiesto dalla Politica Comune sulla Pesca dell’UE e dalla Commissione Generale per la Gestione della Pesca in Mediterraneo (CGPM . Ma servono anche interventi efficaci sullo stock del tonno rosso e del pesce spada: abbandonare la pratica delle gabbie di ingrasso per il primo, e chiudere la pesca dello spada in autunno per ridurre le catture di giovanili sotto-taglia, incrementando i controlli sulla filiera per porre fine alla commercializzazione degli spadini, Essenziale per il “mare fuori” è anche la protezione dei ‘blue corridors’, corridoi ecologici cruciali per i cetacei, come il corridoio delle Baleari, già riconosciuto come Area Specialmente Protetta di Importanza Comunitaria (ASPIM) Importante lo sforzo di ampliamento in corso dal 2021 per l’istituzione della Particularly Sensitive Sea Area (PSSA) , nel Mediterraneo nord-occidentale che collegherà il Corridoio delle Baleari al Santuario Pelagos, e per la quale il WWF chiede la riduzione obbligatoria della velocità delle navi a 10 nodi e l’applicazione di tecniche di rilevamento, per ridurre al minimo il rischio di collisioni tra navi e grandi cetacei.

La Pianificazione dello Spazio marittimo, a che l’Europa ci chiede di impostare attraverso una apposita Direttiva Europea è lo strumento attraverso il quale pianificare in maniera integrata ed ecosistemica gli obiettivi di tutela dell’ambiente marino e delle sue risorse, garantendo contemporaneamente un’economia blu veramente sostenibile. Ma per una sua implementazione efficace il WWF chiede una maggiore collaborazione e sinergia tra tutte le istituzioni, dal Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica, al Ministero per l’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero degli Affari Esteri, e, soprattutto, una maggiore cooperazione con la società civile.