Ambiente, Roberto Barocci su 'Gessi rossi ex cave di Pietratonda'

Grosseto: "Se il nostro Parlamento  - scrive Roberto Barocci per il Forum Ambientalista Grosseto - affida con entusiasmo il nuovo Ministero dell’Ambiente per la transizione ecologica ad un dirigente dell’industria bellico/militare, perché notoriamente esperto nelle sofisticate e micidiali tecnologie avioniche della guerra, non può sorprendere che la Regione Toscana abbia pensato di autorizzare nelle ex cave di Pietratonda un ripristino ambientale, quindi un intervento per migliorare la qualità delle varie componenti biologiche, animali e vegetali, depositandovi un milione e mezzo di metri cubi di un rifiuto speciale (i gessi rossi Venatror, ex Tioxide di Scarlino),

capace di inquinare, come avvenuto nella piana di Scarlino e Follonica, le falde idriche contenute nel calcare cavernoso che affiora in quelle colline e che arriva in pianura scendendo sotto la città di Grosseto.

L’Arpat ha scritto che quel calcare:“rappresenta un acquifero di importanza strategica per l’approvvigionamento idrico della pianura grossetana”, ma il Presidente della Provincia, nonché Sindaco di Grosseto, finora ha preferito tacere.

Il proponente del progetto, la Soc. Accornero, inizialmente negava la permeabilità degli affioramenti del Calcare cavernoso ed anche diversi Uffici Pubblici hanno convalidato tale assunto, ma poi hanno dovuto prendere atto di quanto abbiamo documentato, già certificato e fotografato dalla stessa Soc. Accornero negli anni 2007/2008: quel calcare affiora su 2.000 metri quadri.

Il Forum Ambientalista, attivato dai biologi e cittadini della zona, che da anni stanno documentando il grande valore naturalistico assunto da quei luoghi adiacenti al sito di interesse comunitario di Monte Leoni, ha potuto documentare che le ex cave, abbandonate da oltre 20 anni e di fatto ricoperte oggi per oltre i 70% da vegetazione arborea, si sono rinaturalizzate spontaneamente.

La popolazione di Paganico e Campagnatico si è mobilitata ed ha richiesto invano alla Regione Toscana di attivare una inchiesta pubblica, sostenuta da oltre mille firme raccolte, al fine di praticare un diritto affermato dalla norma (L.R. 46/2013), che recita: “La partecipazione alla elaborazione ed alla formazione delle politiche regionali e locali costituisce un aspetto qualificante dell’ordinamento toscano e configura un diritto dei cittadini, che lo Statuto regionale impone in tutte le fasi di definizione, di attuazione e di valutazione delle decisioni”. Ma la Regione non risponde e il confronto è stato finora limitato ai pochi presenti nelle Conferenze dei Servizi indette dalla Regione, dove sono presenti tutti gli uffici che debbono esprimere un parere.

Il Forum Ambientalista, indagando negli Uffici della Regione Toscana, Settore Miniere, sulle condizioni del sito prima che fosse rilasciata negli anni ‘50 alla Soc. Accornero la concessione allo sfruttamento, ha potuto dimostrare che tutti gli Uffici pubblici competenti in materia, in anni differenti e con diversi dirigenti, hanno ripetutamente ritenuto validi i ripristini ambientali del sito dell’Incrociata presentati (ma poi mai realizzati) dalla stessa Soc. Accornero con profili altimetrici più bassi di 42-50 metri rispetto a quello del progetto attuale; per cinque volte (nel 2001, 2002/1°, 2002/2°, 2008 e 2014) con profili finali altimetrici inferiori di molte decine di metri, rispetto a quello che si propone oggi con il Progetto in discussione; in tre casi (2001, 2002/1° e 2008) senza ricorrere a materiali esterni alla zona di Concessione mineraria; in due casi (2002/2° e 2014) con dei materiali provenienti dall’esterno della zona di Concessione mineraria, pari ad un quinto di quelli oggi ritenuti necessari. Quindi, il profilo altimetrico proposto essendo molto diverso sia dal suo profilo originario, sia da quelli precedentemente approvati da tutti gli Uffici pubblici competenti in sede di Conferenza dei Servizi decisorie, non può essere approvato come “ripristino”.

Non sappiamo come andrà a finire, ma rimane il fatto che l’industria di Scarlino non vuole investire per realizzare una discarica a norma di legge né per modificare il suo ciclo produttivo, in modo da produrre meno scorie, e vuole usare le procedure per il ripristino delle cave che le consentono di risparmiare.

D’altra parte la Regione Toscana, per non entrare in conflitto con ENEL in Amiata, non ha mai voluto applicare l’art.21 del D.Lgl. 152 del 1999, il quale dispone che debbono essere individuate e vincolate le aree di ricarica delle falde idriche al fine di mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque di superficie e sotterranee, cosicché le cave della zona sono ambite: ora la Bartolina, ora la Vallina, ora Pietratonda...e noi siamo costretti a rincorrere una pessima gestione del territorio. Il tutto avviene, come sempre, nel “pieno rispetto della sostenibilità ambientale”. "