Alluvione del '66. Quell'acqua è rimasta nelle nostre coscienze

Son passati cinquantasei anni. Ero uno studentello imberbe che quella mattina avrebbe dovuto recarsi in rappresentanza della scuola alla celebrazione della Vittoria. Lì, al Parco della Rimembranza, che oggi, ignorato com'è da tutti, ribattezzo della Dimenticanza. Quel tragico quattro novembre appare oggi come qualcosa di sfumato. Forse è per questo che assistiamo con partecipazione alle alluvioni degli altri, sempre più frequenti in questo dissestato Paese. Eppure quella mattina ci ha segnato tutti. Grosseto non è stata più la solita. Ci volle quella fiumana d'acqua torbida a renderla consapevole della sua vulnerabilità. E così fu anche per noi grossetani. 

Di un sol colpo, da poveri (chè ricchi non eravamo di sicuro) ad ancor più poveri e desolati. Ci scherzavamo, allora, con l'acqua del fiume. Il tradizionale fuoriporta di Pasquetta ci conduceva in tanti alla Steccaia. A rendere omaggio al nostro fiume. 

Eravamo bugiardi. Perchè per noi noi la vera e sola acqua che meritasse attenzione era quella del nostro meraviglioso mare. Ma il vecchio Ombrone non ci stava. E volle darci una lezione. "Mi ignorate..?... non pulite il mo letto e le mie rive..?... Eccovi serviti..." Quell'acqua è rimasta nelle nostre coscienze. Senza lavarle.