‘Oggi parliamo di…’: la Danza, con Marinella Santini

Rubrica settimanale di approfondimento culturale, storico, educazione civica, scuola e attualità. di Simonetta Baccetti

Oggi voglio parlare di Danza. Quell’arte, quella disciplina che si esprime con il movimento, attraverso una  coreografia, l'improvvisazione. La Danza è  presente in tutte le culture. Basti pensare che in quella occidentale è documentata fin dalla  preistoria, affiancandosi  ad altre arti come la musica e il teatro. Non posso che affrontare questo argomento insieme all’Icona della danza nella nostra città: la Maestra Marinella Santini. Insigne rappresentante della danza in Maremma, e non solo. Proprio quest’anno Marinella festeggia 50 anni di onorata carriera. Una carriere fatta di impegno, sacrifici, di soddisfazioni: tutto per la Danza. Anche io, come tantissime altre mie coetanee l’abbiamo chiamata Maestra, in quanto sue allieve.

Docente-Santini.jpgMarinella Santini, laureata  all’Accademia Nazionale di Danza,  ha dedicato la sua vita all’insegnamento. Una  scelta, quella  di insegnare, dettata dalla testa e dal cuore. Oggi, ideatrice del “Metodo Giocodanza”. Dopo tanto tempo, ho incontrato Marinella Santini per un caffè in centro a Grosseto. Erano anni che non ci vedevamo. Oltre al piacere di fare due chiacchiere, il mio intento era quello di chiederLe : Marinella parlami della tua passione per  Danza, la tua vita per la Danza… 

“… Anni fa, durante una intervista rilasciata al Giornale della Danza, mi è stato chiesto come è nata la mia passione per la Danza e la mia risposta, forse un pò retorica, è stata molto semplice: è nata con me. Da sempre ho avuto voglia di ballare e, da sempre, ho amato la Danza. Ho iniziato a quattro anni nella mia città, Grosseto. La scuola, l’unica all’epoca, era molto cara ed i miei genitori non potevano pagare un mensile così alto, così, vista la mia grande passione, fu il mio zio preferito a farmi questo regalo. Ma durò solo pochissimi mesi, perché lui si fidanzò e, avendo in programma di sposarsi, doveva risparmiare… Mi fu detto che la scuola chiudeva e… dopo poco tempo chiuse veramente! Era davvero cara e solo pochissime persone potevano permettersela. Solo quando frequentavo la terza media aprì finalmente una scuola di danza, così ho iniziato a studiare a tredici anni. Ero già grande, ma lo era anche la mia passione che non mi aveva mai abbandonata, avevo sempre cullato il sogno di studiare danza. Ho frequentato la scuola nella mia città per circa quattro anni “innamorandomi” della mia Maestra, Mirdza Kalnins Capanna, ex danzatrice russa, che veniva a Grosseto quattro volte alla settimana. Con lei è nato un rapporto bellissimo e profondo, di stima e di affetto; la sua scomparsa, avvenuta proprio l’anno del mio diploma, è stato il mio primo grande dolore. Nel 1966 sono stata ammessa all’Accademia Nazionale di Danza e frequentavo il corso Normale, che formava danzatori; nonostante avessi iniziato già abbastanza grande, ero dotata fisicamente ed avevo talento, ma ad un certo punto ho capito, anche grazie a Mirdza, che io volevo insegnare, desideravo avere una mia scuola e volevo con tutte le mie forze diventare una brava insegnante. Così, dopo la maturità scientifica, ho frequentato il corso per insegnanti, diplomandomi nel 1974. Nel mio percorso, oltre Mirdza, ci sono state due persone molto importanti alle quali devo tanto: Giuliana Penzi, all’epoca Direttrice dell’Accademia e Vjlma Valentino, mia insegnante in Accademia. Mi hanno aiutato molto e non dimenticherò mai ciò che mi hanno dato e che va al di là del semplice insegnamento.

rubrica baccetti.pngTerminata l’Accademia, ho iniziato ad insegnare nella scuola dove avevo iniziato come allieva e, dopo due anni, ho aperto la mia scuola con l’aiuto dei miei genitori, due persone meravigliose che mi hanno sempre supportato e incoraggiato. Ma ho continuato anche a studiare; negli anni settanta non c’erano gli infiniti stages che ci sono oggi… Così, ho viaggiato e studiato anche all’estero con grandi maestri, seguendo anche tanti corsi di Aggiornamento, non mi accontentavo mai… Avevo veramente fame e sete di conoscere, di sapere. Questo non solo per arricchire il mio bagaglio personale, ma anche per poter trasmettere ai miei allievi.  La formazione di un insegnante credo che non finisca mai. E’ verissimo il detto che “non si finisce mai di imparare”, e questo in ogni campo. Mi tornano in mente le parole di Giuliana Penzi, quando un giorno le dissi che, nonostante insegnassi già da tanti anni, avevo sempre molti dubbi. Lei mi rispose: – Marinella, il giorno in cui ti sentirai brava e non avrai più dubbi, non andrai più avanti, perché ti accontenterai e non avrai più stimoli –.

Ed è proprio così… Nonostante i tantissimi anni di insegnamento, non mi sono mai accontentata e, proprio dai miei dubbi, dal mio non accontentarmi mai, è nato il Giocodanza, un metodo che accosta i bambini alla Danza attraverso il gioco, inteso nel suo più alto valore educativo. L’insegnamento per me non è mai stato un “ripiego”, ma una precisa scelta, una scelta fatta di pancia, di testa, di cuore… Ho sempre amato insegnare, la maggior parte della mia vita è trascorsa tra le pareti della mia scuola, con i miei allievi. Mi sono sempre divertita a fare lezione ma ad un certo punto, verso la fine degli anni novanta, qualcosa era cambiato, soprattutto con i bambini dei corsi di propedeutica; io non mi divertivo più e davanti a me vedevo faccini annoiati, bambini demotivati che sì, venivano a danza ma forse non così volentieri, bambini con scarsa capacità di attenzione, bambini che ricevevano pochi stimoli. Ma non era colpa loro: ero io che dovevo stimolarli. Così, rendendomi anche conto che la loro immaginazione era allo stato latente, ho iniziato a proporre gli esercizi tradizionali in maniera diversa, trasformandoli in gioco e coinvolgendo gli allievi come protagonisti, cercando di stimolare la loro fantasia.

Certo, inizialmente è stato quasi un gioco anche per me. Ma poi è divenuta una cosa molto seria, dal giorno in cui ho partecipato (nel 2001) ad un convegno nazionale, a Reggio Emilia, dal titolo “Propedeutica alla Danza: nuove metodologie a confronto”. Fui invitata da Rosanna Pasi, presidente della f.n.a.s.d., che considero un po’ la madrina del Giocodanza, insieme ad Alberto Testa, mio professore in Accademia, che per primo ha creduto in me e al quale devo molto. Ebbene, quel convegno, grazie a Rosanna, è stato il trampolino di lancio del mio metodo che… metodo ancora non era: io stavo semplicemente sperimentando all’interno della mia scuola qualcosa di diverso, qualcosa che, pur mantenendo i canoni ed i principi della propedeutica, proponesse lo stesso programma didattico con modalità diverse, capaci di coinvolgere in maniera più divertente e consapevole i bambini… e anche me! Così, anche su spinta di Rosanna e di Alberto Testa, ho cominciato a strutturare ciò che facevo, arrivando a scrivere le prime quattro dispense e un primo libro. Intanto avevo registrato il metodo e giravo su e giù per l’Italia conducendo seminari di Formazione per insegnanti, che erano sempre più richiesti.

Marinella-Santini-1-681x1024.jpgMi divertivo moltissimo!  Oggi il Giocodanza® è un metodo riconosciuto, vi è una Scuola di Formazione Professionale (Gi.D.A.S.), che ha vari sedi in Italia, tra cui Grosseto che è sede nazionale, ed abbiamo oltre settecento Maestri certificati. Coloro che terminano il Percorso di Formazione, dopo aver superato l’esame, ottengono dalla Gi.D.A.S. la Sub Licenza per l’uso del Marchio e la qualifica di Maestro di Giocodanza® la Nuova Propedeutica, oltre il Tesserino Tecnico obbligatorio per insegnare nelle A.S.D o S.S.D. Abbiamo uno studio legale che si occupa della tutela del marchio e… anche una linea di abbigliamento Giocodanza, creata dalla ditta Etoile. Di strada ne è stata fatta, ma ancora ne abbiamo da fare perché io non sono cambiata… e continuo a voler migliorare, per lo meno… ci provo!  Parlare del Giocodanza è, per me, un “passo obbligatorio” per poter parlare di Danza, perché senza nulla togliere al programma didattico, questo metodo è nato per accostare i bambini alla Danza utilizzando il loro linguaggio: il gioco! Il rapporto che hanno oggi i bambini con esso è più interattivo che attivo; i giochi tecnologici sono realtà “confezionate” che li immergono in un mondo virtuale nel quale poco spazio è riservato all’immaginazione e alla fantasia, doti indispensabili al dispiegarsi della creatività. La riscoperta del valore del gioco come “invenzione” e come “azione creativa” li può aiutare dunque a costruire attivamente la propria personalità ed è preziosa per un sano percorso di crescita psico-fisica. La metodologia del Giocodanza consente pertanto un approccio alla Danza libero da codici fissi, è un processo formativo in cui il bambino, tramite un’attività ludica, è condotto alla scoperta delle sue potenzialità artistiche e creative. Inoltre, in un clima di distensione e di svago, si fa notare anche la presenza di regole che vanno rispettate, ma non vengono mai imposte bensì proposte nel gioco; questo fa sì che spontaneamente il bambino le accetti, aiutando così lo sviluppo dell’autocontrollo, mentre corpo voce musica spazio diventano modalità di scoperta e di relazione con se stessi e con gli altri.

Un elemento fondamentale del Giocodanza è la considerazione del bambino: una persona, una piccola grande persona! Ogni bambino è unico e particolare ed è perciò nel rispetto della sua individualità che l’educatore lo conduce alla scoperta della Danza: un percorso dove l’allievo è attore protagonista e il maestro mediatore e accompagnatore di questo viaggio particolare e affascinante.  Ho parlato di educatore. Mi piace chiamare così l’insegnante di danza perché, prima di insegnare una tecnica, il nostro compito è educare il bambino guidandolo nel suo percorso di crescita psicofisica e rispettando i suoi tempi di apprendimento. Il maestro inoltre, in questo metodo, pur mantenendo il suo ruolo, diviene un compagno di giochi che guida e stimola le proposte dei bambini, non giudica ma osserva. Per capire, per prima cosa, bisogna osservare! In questo modo il bambino non si sente giudicato e potrà così acquisire fiducia in se stesso e rafforzare la propria autostima. Personalmente, al di là del suo grande valore, ritengo che la Danza dovrebbe essere per tutti. Mi spiego meglio. Certamente, dal punto di vista professionale, è per pochi eletti ma, come forma di espressione e di educazione, dovrebbe essere per tutti perché ha un grande valore formativo e, se praticata nella giusta maniera, rende le persone “speciali”. Persone che nella vita faranno altro ma, al di là di una tecnica acquisita, al di là del ricordo di passi o balletti, avranno sempre dentro di loro qualcosa che nessuno potrà mai togliere: il piacere del movimento, la gioia della musica, il senso del rigore e della disciplina, che fanno parte anche della vita, la sensibilità… e tanto tanto altro ancora. Tutti i bambini dovrebbero avvicinarsi alla Danza per poter cogliere questi doni così importanti e fondamentali per lo sviluppo della loro personalità e per la propria formazione, perché la Danza non è soltanto “fisica” – in quanto riguarda il corpo – ma coinvolge altro: emozioni, pensieri, comportamenti e relazioni. 

E’ il linguaggio del corpo perché si esprime attraverso il gesto, è il linguaggio dell’anima perché esprime propri sentimenti. Per questo la Danza, contrariamente a ciò che si può pensare, è di tutti e per tutti! Certamente, come ho già detto,  a livello professionale sono richiesti molti requisiti che sono di pochi eletti, ma la scuola privata, secondo me, non dovrebbe prefiggersi l’obiettivo di formare danzatori professionisti, ma piuttosto dovrebbe avere la finalità di avvicinare alla Danza,  farla conoscere e amare, elargire a tutti quei doni che la Danza offre. Se  si  nota  un  talento, si  deve consigliare e lasciarlo “volare”, ma tutti i bambini hanno il diritto di danzare, di provare le sensazioni, le emozioni e  la magia che la Danza suscita. La Danza  offre doni  inaspettati…  La magia di provare emozioni è il primo dono. Il secondo è la passione: si impara a non arrendersi di fronte alle difficoltà e a superare gli ostacoli   che si incontrano durante il cammino. Si impara a dare il meglio di noi stessi cercando di migliorare: tutto questo è spinto e sorretto dalla passione che aiuta a diventare più forti. Un altro dono è la sensibilità perché, quando si danza, le emozioni che si provano si amplificano;  si vivono e si trasmettono sensazioni che chi danza vive nel profondo della sua anima.         

La consapevolezza di sé è un altro dono.  Si conosce e si  sperimenta il corpo, le  sue possibilità di movimento, le sue forme, imparando  a   controllarlo fino a renderlo uno strumento di comunicazione. Tutti questi doni, insomma, che la Danza offre a chi vi si accosta, li offre a tutti, indipendentemente dalle doti fisiche e dal talento. Ed è proprio questo che, secondo me, rende chi la pratica persone un po’ speciali. Quando, cinquanta anni fa, ho iniziato ad insegnare, il mio obiettivo non era formare professionisti (certo ne sono usciti!), ma era educare alla Danza, far innamorare della Danza e credo di esserci riuscita. Moltissimi dei miei ex allievi ricordano gli anni della Danza come un periodo indimenticabile e la scuola di danza come scuola di vita… E si ricordano di me! Questa è la mia più grande gratificazione. Amo Grosseto, la città dove sono nata e dove vivo. Posso dire con orgoglio di aver portato la Danza nella mia città e non soltanto perché dalla mia scuola sono passati centinaia e centinaia di bambini, ma perché per anni si è parlato di Grosseto nelle riviste specializzate di danza, nei quotidiani nazionali, quando, con la collaborazione del Comune e dell’Assessorato alla Cultura, insieme ad Alberto testa e Vittoria Ottolenghi, abbiamo organizzato rassegne di Danza  che duravano anche quaranta giorni. Sarebbe troppo lungo l’elenco dei “grandi” della Danza che hanno calcato il palcoscenico del Teatro Moderno e del Teatro degli Industri, ne cito solo due: Carla Fracci e Vladimir Derevianko, allora primo ballerino del Bolschoi. Tutto questo mi ha reso molto orgogliosa. Con il passare degli anni… mi sono poi sentita un po' amareggiata. Andavo a presentare il Giocodanza ad Atene, in occasione del XX Congresso dell’Unesco, andavo in Francia ad insegnare il mio metodo. Ricevevo il Premio Napoli Danza “Per meriti didattici e culturali”. Più recentemente ho ricevuto il premio Arte in Danza “Per la divulgazione dell’arte tersicorea attraverso la metodologia del Giocodanza”. E poche settimane fa, una calorosa accoglienza in Emilia Romagna, a San Giorgio Piacentino, dove sono stata accolta dal Sindaco e dagli Assessori alla Cultura e allo Sport, presentata come la “maestra delle maestre”. Indubbiamente gioia e soddisfazione, ma anche grande amarezza…

marinella santini.jpgE la mia città?!... Senza peccare di presunzione, ritengo di aver fatto molto per Grosseto e di continuare a fare. Come Sede Nazionale di Formazione, Grosseto ha accolto molte persone e, con il Corso annuale di Aggiornamento Giocodanza, sono centinaia le persone che vengono nella nostra città, spesso con famiglia al seguito, dormono nei nostri hotel e mangiano nei nostri ristoranti. Anche questo credo sia un aspetto importante.  Il detto nemo profeta in patria est non mi consola… Ma torniamo alla Danza… per me la Danza è vita. Anche questa è retorica, ma è così. Mi ha accompagnata da sempre, anche quando ancora non mi era possibile studiarla, perché comunque la coltivavo dentro di me e la cullavo come un sogno. Poi il sogno ha preso forma, si è realizzato e non mi ha più abbandonata. In passato ha rappresentato il mio rifugio, la mia ancora di salvezza nei momenti difficili, la mia luce nei periodi bui, mi ha aiutato a superare le difficoltà della vita e anche grandi dolori. Oggi è ancora la mia vita, perché è sempre con me. Oggi, nonostante la mia non più verde età rappresenta il futuro. Sì, proprio così, il futuro. Continuare nella formazione del Giocodanza, senza smettere mai di mettermi in discussione, continuando il lavoro di ricerca e di sperimentazione. La formazione richiede molto impegno e tempo, perciò, dopo lunga riflessione, ho lasciato la direzione e l’insegnamento nella mia scuola. Ho chiuso un capitolo della mia vita durato circa quarantotto anni. Non è stata una scelta indolore, ma allo stesso tempo è stata serena. Adesso continuo a scrivere altre pagine… Mi piace raccontare la mia esperienza a chi si accosta al Giocodanza, amo cercare di risvegliare in chi si approccia a questo metodo il fanciullino addormentato, amo far ri-scoprire la parte bambina dimenticata, nascosta dalla quotidianità e dagli affanni della vita.”

Voglio concludere questo articolo, ringraziando Marinella Santini per avere dedicato il suo tempo, e lo voglio fare con una sua frase che  rimarrà nella storia della Danza:Il mio futuro è continuare a giocare… E’ continuare a sognare, a scoprire, e far scoprire, che il mondo può essere colorato,  usare, e insegnare ad usare, i colori, dipingendo con il pennello della fantasia la tela della vita…”

Grazie Maestra Marinella, un bellissimo racconto sulla Danza, tu che della Danza ne hai fatto una ragione di vita.