"Ambiente e sicurezza, uno scioglilingua da usare solo in campagna elettorale"
Risarcimenti per oltre 60mila euro a due lavoratrici della grande distribuzione
Il giudice conferma l'interposizione fittizia di manodopera e contratti non adeguati. L’azione legale intrapresa con il supporto di Fisascat Cisl. Gobbi: “Speriamo che queste due sentenze aiutino altri lavoratori nella stessa situazione a prendere coraggio”.
Grosseto: “Due sentenze importantissime, che mettono fine a una situazione di illeciti contrattuali e soprusi”. Commenta così Simone Gobbi, segretario generale di Fisascat Cisl Grosseto, le sentenze emesse dal giudice del tribunale di Grosseto, sezione lavoro, a favore di due lavoratrici di un punto vendita della grande distribuzione che si erano rivolte a Fisascat Cisl. “Le due lavoratrici, assunte con il contratto nazionale della Multiservizi, da vari soggetti che si sono succeduti nel tempo per la gestione del punto vendita prestavano di fatto, a nostro avviso, servizio per l’azienda proprietaria del negozio e il giudice ci ha dato ragione”.
Le due lavoratrici, rappresentante, per conto di Fisascat Cisl, dall’avvocata Silvia Muratori, hanno per anni lavorato con un contratto che non rispondeva alle loro mansioni “… e soggette – precisa Gobbi – a una continua incertezza circa il loro futuro lavorativo. Si è trattato, come conferma il giudice, di un caso di interposizione fittizia di manodopera, che è purtroppo una piaga che colpisce tutto il settore della grande e della media distribuzione”.
Soddisfatta anche l’avvocata Muratori che sottolinea: “Le due sentenze hanno accertato l'esistenza di un contratto di appalto illecito fra la società titolare del marchio e le varie società o cooperative che negli anni si sono susseguite nel punto vendita con l'unico scopo di ‘apportare’ manodopera. Chi lavorava nel punto vendita, infatti, non era direttamente assunto da chi effettivamente gestiva il negozio ma da cooperative o società a cui formalmente veniva appaltato lo stoccaggio dei locali ma che in realtà servivano solo ad assumere i dipendenti che quindi, di fatto, svolgevano mansioni proprie del commercio, come commesse o cassiere, ma nella forma risultavano assunte come scaffaliste o addette al servizio di smistamento merci con applicazione del Ccnl Multiservizi. Il tutto con una consistente riduzione della retribuzione e contribuzione corrisposta rispetto a quella a cui invece avrebbero avuto diritto con il corretto inquadramento contrattuale, che poi è stato giudizialmente accertato, e che ha portato alla condanna della società titolare del marchio a pagare una consistente somma a titolo di differenze retributive”.
Le due lavoratrici, infatti, hanno vissuto questa situazione per circa 7 anni e anche di questo il giudice ha tenuto conto nel riconoscere loro degli indennizzi che, complessivamente, ammontano a oltre 64mila500 euro.
“I risarcimenti economici che vengono attribuiti e che tengono conto anche del riconoscimento dell’effettivo livello nel contratto nazionale di lavoro del Commercio, terziario e servizi che alle due dipendenti spettava, sono esemplari e riconoscono a pieno il danno economico creato a queste persone. Mi auguro che queste due sentenze possano aiutare le persone a prendere coraggio e denunciare questi casi di ‘lavoro grigio’ che sono sempre più comuni, purtroppo, in alcune aziende spregiudicate, che agiscono sul filo della legalità”, conclude Gobbi.