Nelle mie estati tutto era differente. Anche il sapore della cialda dei coni e delle coppette

di Massimo Ciani Faceva caldo anche nelle mie estati giovanili e non lo si commentava tanto come ci scappa di fare oggi. Quando avevi messo una bella stecca di ghiaccio comprato dal Sampieri nella ghiacciaia, con dentro un bel cocomero, del caldo te ne poteva importare il giusto.

Poi c'erano altri sistemi per placare l'afa cittadina. La gelateria Pessina in viale Matteotti ti offriva abbondanti argomenti di refrigerio. Su tutti, i baci. Non fraintendete. Niente che potesse condurre a serate di fuoco. I baci di Pessina erano straordinari involucri di finissimo cioccolato fondente ripieni di panna, gelato al torrone e canditi. Non ne ho più assaggiati di simile bontà. Per il resto potevi portarti sulle mura, al baracchino del Betti sul bastione del Molino a Vento. Se avevi fortuna ed imbroccavi il momento della lavorazione, subivi il fascino dalla macchina per fare il gelato e seguivi con stupore il ritmico instancabile immergersi e riemergere della frusta sbattitrice dal catino dove la panna o la crema freschissime si preparavano a subire l'assalto dei golosi. Tutto era differente. Anche il sapore della cialda dei coni e delle coppette.

In realtà siamo noi ad essere cambiati. Dovremmo cambiare le lenti agli occhiali e metterne a più alta gradazione.