“La storia dell’Aeronautica Militare – In volo verso il futuro”
La Novena
Non è vero che fosse solo per le beghine che snocciolavano i chicchi del rosario. La chiesa chiedeva ed otteneva rispetto. Un rispetto che partiva dal cuore e dalla tradizione, che sin da bambino condividevi con gli adulti, sia pure in forma compatibile con la tua giovane età. Io negli anni cinquanta ero uno dei tanti ragazzotti con i pantaloni corti e le gambe secche ed illividite dal freddo che bazzicavano la parrocchia di San Francesco. Sotto, indossavo la camiciola di lana di pecora, di quelle che ti facevano tribolare dal pizzicore prima che tu ti fossi abituato ad indossarle. Sopra un maglione di lana grezza realizzata con i ferri da calza, gli immancabili calzettoni a scacchi che facevano tanto di scozzese, ma più per la mancanza di beni consumabili che per la proverbiale avarizia. Le scarpe? Un rebus. Da sciogliere a seconda se avevi fratelli o sorelle più o meno coetanee. Lo scambiarsi le scarpe non era una moda ma un comportamento necessitato. La parola d'ordine era che dovevano durare molti inverni. Per questo e per molto altro a quell'epoca i calzolai erano artigiani di grande successo e ricercatezza. Le suole (non le scarpe) nuove erano segnale di benessere e le potevi esibire con grande soddisfazione interiore, specialmente se adornavano gli inconfondibili sandaletti con i grandi occhi ed il laccetto di chiusura.Io ho un ricordo ancora in gola, un rospo che non va nè su nè giù.
L'emozione incommensurabile che provai quando potei indossare un indumento epocale. Era appartenuto a mia sorella Fiorella per almeno un tre anni ma l'aveva conservato con cura maniacale, quindi era pressochè nuovo. Un meraviglioso (per me) montgomery (che ovviamente io pronunciavo mongomeri). Lo ricordo e lo sogno ancora, con quel cappuccio a mo' di saio da frate e quei bottoni che si rinchiudevano dentro laccetti di pelle. Dicevamo della Novena.
Il tema principale della nostra narrazione prima che, come mio solito, deviassi per altre direzioni. La chiesa di San Francesco trasudava di religiosità diffusa. La gente riempiva le panche e l'odore dell'incenso si confondeva con quello delle candele di cera che sfrigolando mandavano tenui bagliori lungo la navata. San Cristoforo era lì dove sta ancora oggi e la cappellina di Santantonio accoglieva i momenti di maggiore concentrazione e preghiera. Il bossolo per la raccolta delle elemosine transitava scrocciolando lungo le file delle panche ed ogni moneta da cinque o dieci lire, cadendo, faceva sentire la sua musica. Mi rivedo ancora lì. Con indosso una tunica sdrucita in più punti. A servire la funzione. Massima concentrazione, perchè padre Fabio e padre Antonino non ammettevano errori o distrazioni. Forse è nata proprio lì quell'ansia che mi ha tormentato per tutta la vita. Fa nulla. La novena è terminata e tutto il popolo, in piedi, intona "Tu scendi dalle stelle". Anch'io partecipo, ma il mio principale pensiero è rivolto a quelle dieci lire di compenso che mi spettano per il servizio reso.
Sono certo che Gesù bambino, proprio perchè bambino e nato povero come tanti bambini della mia generazione, comprendeva e perdonava questi pensieri fuori dal coro.