Cava Bartolina, interviene il segretario di Fillea Cgil

Bracciali. «non “affogateci” 15 operai per realizzare un laghetto. Bisognerebbe conoscere ciò di cui si parla. La cava ha ancora 15 anni di concessione»

Roccastrada: «Continuare a dire che nella “vecchia cava della Bartolina” si potrebbe realizzare un bacino di accumulo irriguo travisa la realtà dei fatti e non tiene conto dello Stato giuridico di quel sito estrattivo. Per questo leggere dichiarazioni come quelle del consigliere comunale roccastradino Moreno Bellettini, richiede alcune puntualizzazioni per fare chiarezza e non alimentare aspettative irrealizzabili, almeno nel medio periodo». Così Gianni Bracciali, segretario provinciale di Fillea Cgil (Federazione italiana dei lavoratori del legno, dell'edilizia, delle industrie affini ed estrattive). «Ciclicamente – spiega Bracciali - rispetto alla cava della Bartolina viene riproposto un mantra: visto che c’è la vecchia cava, utilizziamola per un bacino di accumulo idrico. In realtà non esistono una “vecchia” e una “nuova” cava, ma un'unica attività di estrazione di pietre basaltiche legittimata dal Piano estrattivo del 2011. Che ne prevede la coltivazione per altri 15 anni. Nel tempo ci sono state due varianti, che hanno sempre fatto riferimento alla concessione “madre” del 2011: prevedendo un'estrazione dei materiali a quote più basse e un successivo ampliamento dell'area in concessione, in seguito all’investimento della società che ha acquistato da un privato un terreno limitrofo al sito estrattivo originale.

Sito estrattivo, è bene ricordarlo, che per le proprie caratteristiche geologiche riveste un ruolo importantissimo, garantendo livelli occupazionali significativi, con 15 addetti impiegati nelle lavorazioni. Il pietrisco basaltico che viene estratto alla Bartolina, infatti, ha caratteristiche uniche nel suo genere, ed è utilizzato sia per opere stradali che per realizzare le massicciate su cui poggiano i binari della rete ferroviaria nazionale. Nel piano estrattivo è previsto che al momento della cessazione dell'attività estrattiva si proceda a un ripristino ambientale con la possibilità di realizzare un laghetto che funga da cassa di espansione e da riserva idrica. Peraltro, dimezzando attraverso un riempimento con terreni impermeabili l'attuale quota del sito di estrazione. Questo tema, tuttavia, non è a breve all'ordine del giorno, perché la concessione per lo sfruttamento del sito durerà almeno per i prossimi 15 anni. Salvo un suo prolungamento.

Comprendiamo la preoccupazione per gli effetti della crisi idrica, ma è del tutto fuorviante ipotizzare a breve soluzioni che non possono essere praticate. Prima, almeno, bisognerebbe avere chiara la visione del territorio e delle aziende che vi operano garantendo reddito alle famiglie. poi bisognerebbe avere l'umiltà di approfondire e di proporre soluzioni realistiche, evitando l'approccio populista delle soluzioni facili a problemi complessi. Ne guadagnerebbe la democrazia e la trasparenza di un dibattito basato su opzioni percorribili».