C'era una volta il bar...

Eccovi una "ristampa". Come quella degli albi di Tex

Il Bar Rama di Pietro e Sergio Soldati. Che dico…..un bar…? Un'istituzione. A quell'epoca (anni 50-60) i caffè (è più consono chiamarli così) erano centri di aggregazione. La vita del quartiere era scandita dal rumore delle loro saracinesche che venivano sollevate su al mattino presto e dal loro abbassarsi a notte tarda. Quando ancora era buio i primi ad entrare nel locale sonnacchioso erano i netturbini, i venditori di frutta e verdura del mercatino di piazza Tripoli, qualche fortunato in ferie che andava a caccia. 

Si cominciava con il giro dei grappini, specie in quelle fredde mattinate grossetane dove, si diceva allora, anche i gatti avevano perso la coda. Poi, man mano che la luce del giorno prendeva il sopravvento su quella artificiale, cominciava il vai e vieni delle commesse dei negozi, dei questurini in divisa, dei vigili del fuoco, e allora sì che si scaffeava, la Faema lucida sbuffava vapore e scremava meravigliosi cappuccini, con il cacao e senza. Un andirivieni di briosce (ma perchè poi in seguito le avranno chiamate cornetti...?), di bomboloni traboccanti di crema, di maritozzi con la ricotta e l'alchermes, di budini di riso... Sergio, Pietro e i camerieri, tutti rigorosamente con indosso giacche bianche e cravatta. 

Il bancone movimentato da tazze, tazzine, cucchiai, cucchiaini, piattini, scrocciolare di stoviglie, zuccheriere. E poi c’era il gioco del Totocalcio, la vecchia Sisal. Ricordo Pietro o Sergio che umettavano la strisciolina verde della giocata singola o del sistema e l’appiccicavano sulla schedina. Quindi la tagliavano in due parti, madre e figlia. Pagavi le tue cento lire. Lasciavi la madre e ti prendevi la figlia. La custodivi gelosamente sino al pomeriggio della domenica. Allora tutte le partite si giocavano in una sola giornata. Sul tardi passavi da piazza Dante. Una piccola folla sostava davanti ad una lavagnetta di ardesia che veniva esposta davanti al Caffè Italiano con i risultati del campionato. La Grosseto della speranza non disertava mai quell’appuntamento settimanale davanti a quella lavagnetta. A segnare gli uni, gli ics e i due. La schedina appallottolata e gettata via segnalava l’ennesima delusione, e i passi strascicati, lo sguardo rivolto a terra, la vecchia bici cigolante condotta a mano segnavano la rassegnazione.

La speranza, l’illusione rinascevano come per incanto con la schedina della settimana successiva.