Atmosfera e linguaggio aulico nelle nuove liriche inedite di Yari Lepre Marrani
Grosseto: In occasione di queste festività natalizie vogliamo far conoscere ai lettori di MaremmaNews il lavoro poetico di Yari Lepre Marrani, poeta e scrittore milanese, laureato in giurisprudenza dopo studi classici e, successivamente, consulente nel credit management.
Coltiva molti interessi, lo studio della Storia, lo sport e gli scacchi, ovviamente la letteratura essendo anche un avido lettore. Ha scritto due sillogi, "Quel sentiero in mezzo al bosco" Altromondo editore(2021) e "Liriche crepuscolari" per Giulio Perrone Editore(2022). Nel nuovo anno, il 2023, esordirà anche nella narrativa.
Quelli che proponiamo oggi sono due testi assolutamente inediti, di forte intensità, che colpiscono per il linguaggio aulico, l'atmosfera solenne ed ieratica, ispirata a un senso grave e solenne di sacralità o devozione.
Ecco le due liriche di Yari Lepre Marrani che andranno a comporre la nuova silloge nel 2023.
- Tramonto preludio di un’eterna aurora
Il giorno improvvisamente muore,
gemono le chiome recise e i muscoli spolpati
degli uomini dalla vita ripudiati,
il loro atavico dolore grida agli ultimi bagliori di ponente
e se il crepuscolo dardeggia raggi di purpurea sofferenza
loro tremano innanzi alla scena della fine di una stagione così dolente.
E il giorno muore e campi dorati, strade ferrate, varchi rocciosi, aride
sponde spengono quei reietti e il loro patir è pari al vespro cadente
e la loro vita è un emarginato rigagnolo d’acqua arsa e impura.
In quel rigagnolo triste scorre, fragile, sangue di vittime, sgomento
di cuori inermi e il tramonto del giorno diviene spettro di tenebra, paura.
E questo vespro chiude un’epoca, schiude un’era di nuovo tormento,
gli inermi dal capo inclinato e dagli occhi piangenti temono
mentre i tentacoli di una sera fatale li opprimono.
Sembra ben vana speranza quella che indica una provvida salvezza
a chi dalla speranza è stato tradito e i provvidi uomini sono morti.
Ma dall’ultimo orizzonte del mare dove muore il crepuscolo
grida una voce, si innalza il richiamo di un angelo, trionfano i risorti
e nell’ora del funesto tramonto sorge la mano salvifica.
A tanto patir del cuore, voi miseri, inermi traboccanti di lacrime
non foste condannati invano se dopo l’espiazione
la fine di questo giorno vi dona grazia angelica e liberazione!
Negli infiniti patimenti del cuore
in una sera d’oscuri presagi parve cadere tanto dolore
ma il vespro si chiude tra gli angeli che risuonano la speranza.
Dolente vittima del mondo esulta
perché questo tramonto è visione augurale,
è l’oscurità che adombra una novella luce,
il buio dell’anima che anticipa il risveglio,
torna sereno nella tua umile dimora
perché il cielo ormai oscurato
è il tramonto preludio di un’eterna aurora
Nel secondo componimento l'uomo simbolicamente ritrova nell'elemento "fuoco" la sua catarsi, ma anche il riflesso dei ricordi più felici e, in generale, crede nella sua potenza come veicolo commosso per ricongiungersi con le pieghe più recondite della sua anima attraverso il simbolico dono che egli fa al fuoco dei suoi ricordi e da cui chiede un'eterna pace.
- Vieni fuoco e nel tuo spirito riposino i miei ricordi
Vieni Fuoco,
brucia le mie stanche membra
e nel tuo spirito riposino i miei ricordi.
A te li dono commosso
per l’energia vitale che ti è madre, raccoglici,
ardi le amarezze che il tempo, misericorde, ha già rimosso.
Tu ricevi il mio corpo, divina brace,
tra le tue lingue di fuoco che solenni s’elevano ai cieli
muoiono e risorgono le vestigia della mia alma dolente e felice
nella tua pira e le mie lacrime divengono lampi d’emozione
che perpetuano la loro carità nei riflessi del tuo fuoco purificatore.
Lacrime dei miei ricordi sì teneri, or pietosi or riflessi di antichi perigli
divampano e struggono, ora, tra il tuo divo lucore.
E se brucerò nel fuoco e nel suo ardore
tra i riverberi del tuo bagliore rivedrò, commosso,
i volti ridenti dei cari miei estinti che amai, abbracciai,
or silenti nel sepolcro ma il cui spirito rifiorirà nel tuo scintillio,
la tua diva forza congelerà le mie lacrime di nostalgia
quando la tua fiamma mi renderà i volti dei buoni che mi hanno carezzato
prima che il foco divoratore, per sempre, mi porti via.
Sì incolpato uomo sono che il mio ricordo non andrà perduto
e nel tuo raggio sorriderò ai cari periti
e le mie lacrime saranno Grazia bruciante che per essi scenderà:
saremo una sola lacrima nell’abbacinante pira che i nostri cuori lontani
riavvicinerà.
Sarà l’incontro di alme un tempo unite
che l’offesa del tempo ha separato
ma se fu grande il suo delitto nel recidere i sentimenti
tanto grande sarà l’estasi commossa che spezzerà lo iato,
mio fuoco, speme ardente cui dono corpo, ricordi, incantati momenti.
Si prepara l’ardente polverio su legna invecchiata
che ti darà la genesi,
il crepuscolare nevischio anticipa il fumo che adombrerà i venti,
s’eleverà alla volta dei cieli, conterrà la mia nemesi.
Le tue fiamme non saranno funereo barlume
come la provvidenziale pioggia che dona acqua alla terra arida
che muore nella siccità.
Vieni fuoco,
brucia il mio cuore peritoso
e che il tuo spirito accolga la mia pace.
Tanto è speranzosa la mia meraviglia
quanto espiatoria sarà la tua scintilla,
sì elevata sarà la mia pace nel tuo seno
sì l’oltraggiosa offesa del tempo assassino
sarà risarcita dalle luci del tuo divampare divino.
La vampa riunirà i cuori, colmerà
l’infruttuosa pena dei ricordi
che trovarono nell’assenza dell’amato perduto il suo principio.
Sarò fuoco incandescente e l’incolpato uomo
diverrà pira ai cieli.
Divino il sogno, sacra la speme che il cuore mi disturba
ora che la legna rinsecchita s’accende,
ora che la notte brumosa risplende.
Tutto è deciso, tuo sarà il mio cuore,
le mie emozioni, i ricordi della mia notte dei tempi,
muoiono e risorgono memorie di giorni lieti e empi,
sorrisi amorosi e laceranti sconfitte, luci e tenebra.
A te li dono,
per il ruggito d’ardore che ti è padre