Venator: I Chimici della Cgil sollecitano la Venator a rimettersi in moto

Dazzi (Filctem Cgil): «ora non ci sono più alibi. La società investa per rimettere in moto l’impianto di Scarlino. La Regione convochi il tavolo di crisi per un confronto di merito col management di Venator»

Scarlino: «Martedì 14 novembre a Scarlino la Conferenza dei servizi convocata dalla Regione Toscana ha formalmente dato il via libera al progetto di Venator per realizzare un sito di stoccaggio “preliminare” nell'ex bacino fanghi Solmine. Ora Venator non ha più alibi, ed è arrivato il momento di definire una road map per la riattivazione delle linee di produzione del biossido di titanio nell'impianto del Casone di Scarlino». Va dritto al punto Fabrizio Dazzi, segretario della Filctem Cgil maremmana, la Federazione italiana dei lavoratori di chimica, tessile, energia e manifatture.

«Il verbale della conferenza dei servizi prevede alcune prescrizioni piuttosto semplici da adempiere - entra nel merito Dazzi - come la realizzazione di un piezometro, e il Comune di Scarlino si è impegnato ad approvare la nuova destinazione urbanistica dell'area entro la fine di novembre. Per cui, a questo punto, la società deve dimostrare la volontà effettiva di attivare gli investimenti per allestire l'area e renderla idonea ad accogliere in via temporanea (al massimo tre anni) i gessi rossi, scarto di produzione del ciclo industriale del biossido di titanio. In parallelo, ci aspettiamo che Venator inizi subito a predisporre la documentazione da presentare alla Regione per i siti definitivi di stoccaggio. È infatti evidente che la continuità produttiva dell'impianto del Casone, le cui maestranze hanno elevate competenze professionali, non potrà che essere garantita nel tempo dalla disponibilità di spazi di stoccaggio definitivi per i rifiuti industriali non pericolosi».

Chiarito l'obiettivo di fondo, il segretario provinciale di Filctem affronta anche altre questioni.

«Le vicende che hanno interessato Venator nell'ultimo anno in particolare, - dal progressivo rallentamento della produzione fino allo stop del luglio scorso e successivamente l'avvio della procedura concorsuale ai sensi del cosiddetto Chapter 11 della legge fallimentare statunitense - hanno già prodotto esiti piuttosto preoccupanti. Con la fuoriuscita di personale qualificato dall'azienda che si è indirizzate autonomamente verso altre società, oltre allo smantellamento del sistema delle imprese impiegate nell'indotto. Solo per fare un paio di esempi: il personale di Crosa Group, grande azienda scarlinese 250 addetti che per Venator effettuava manutenzioni meccaniche, elettriche ed edilizie, è stato ricollocato presso altri impianti industriali a Rosignano e Ravenna. Mentre al 31 dicembre di quest'anno Siad di Bergamo sposterà in altra sede gli addetti che a Scarlino si occupavano del recupero della CO2 dal ciclo di lavorazione, non avendo la possibilità di attivare la Cig. Questi mesi difficili, dall'altra parte, hanno già prodotto la perdita di almeno 150 posti di lavoro nelle aziende dell'indotto».

Quindi la conclusione del ragionamento di Dazzi. «In questo momento, nonostante alcune positive novità come il via libera all'area di stoccaggio preliminare e l'uscita dalla procedura del Chapter 11, ci troviamo in una situazione surreale per cui non è possibile discutere con la società e capire quali siano le sue reali intenzioni rispetto all'operatività futura del sito produttivo di Scarlino. Per questo riteniamo che la Regione Toscana debba convocare il tavolo di concertazione, già sollecitato dalle organizzazioni sindacali, per iniziare velocemente un'interlocuzione con il management societario. Al quale chiediamo anche di sottoscrivere formalmente il protocollo d'intesa illustrato alcuni mesi fa alla presenza del presidente della Provincia Limatola e dei sindaci delle Colline Metallifere, condiviso dalla direzione aziendale dell'impianto scarlinese, con il quale questo territorio ha assunto impegni ai quali ha poi ottemperato. Venator, infatti, non ha mai formalmente sottoscritto quel documento, ma ora è arrivato il momento. Infine – conclude il segretario di Filctem - riteniamo sia necessario investire in ricerca e innovazione per ridurre la quantità di gessi rossi prodotti dal ciclo industriale. Come nei primi anni 70 l'innovazione consentì di superare le criticità dello sversamento in mare dei fanghi, oggi bisogna investire in tecnologie per tagliare drasticamente la produzione dei gessi di scarto».