Save the Coast: intervista al Professor Riccardo Caniparoli

Castiglione della Pescaia: L’Amministrazione di Castiglione della Pescaia ha da poco comunicato che a breve partirà l’iter di assegnazione lavori per la realizzazione del progetto che dovrebbe risolvere, una volta per tutte, il problema dell’erosione costiera sul tratto di mare compreso tra Castiglione e Punta Rocchette. Ha inoltre presentato il progetto di riqualificazione e ampliamento del porto di Punta Ala per un investimento pari a circa 40 milioni di euro.

Il Comitato Save the Coast, da sempre in prima linea contro gli interventi invasivi sulla costa, ritiene che l’informazione sugli effetti collaterali di queste opere dispendiose e innaturali sia stata sommaria, per non dire inesistente e ha quindi deciso di intervistare il Professor Riccardo Caniparoli, geologo, consigliere nazionale di Italia Nostra, i cui studi sul fenomeno erosivo sono stati pubblicati e utilizzati in più di un’occasione, per verificare l’opportunità di attuazione di simili progetti in varie zone costiere, non solo in Toscana. Pensiamo infatti che il parere di un’autorità in materia possa fare un po’ di chiarezza e informare in maniera compiuta i cittadini, su ciò che avverrà sulle nostre coste se i lavori programmati saranno effettivamente realizzati. Ecco l’intervista.


Professore perché secondo lei il progetto delle barriere non sarebbe la soluzione adatta a contrastare l’erosione?

Questo tipo di progetti è studiato da ingegneri che per mestiere sono abituati a costruire, ma qui si parla di ambiente e l’ambiente non va “costruito” ma tutelato, preservato, rispettato, secondo gli equilibri dinamici della Natura. I progetti come questo invece, analizzano le correnti, il ripascimento, il trasporto di materiali solidi attraverso fiumi o canali. Ma l’erosione delle spiagge avviene solo ed esclusivamente in presenza di una modifica antropica della morfologia dei luoghi. È ormai un dato scientifico che la costruzione di dighe foranee e/o l’ampliamento di porti, come pure la cementificazione della costa e la realizzazione di scogliere così dette “frangiflutti” producono erosione. Se la linea di costa è bassa e sabbiosa, vuol dire che Madre Natura nei millenni l’ha costruita apposta “morbida e sabbiosa”.

In che senso?

Quando c’è una mareggiata se i treni d’onda s’infrangono su una struttura morbida (spiaggia) l’energia viene assorbita e la sabbia dalla battigia viene spostata verso la cosiddetta secca, a poche decine di metri dalla linea di costa. Quando poi il mare si calma, la sabbia viene riportata dal normale moto ondoso a ricostruire la spiaggia originaria. Con questo movimento a “pendolo” la sabbia non si perde e non si verifica l’erosione. Se invece i treni d’onda urtano su una struttura rigida (scogliere) rimbalzano e la loro energia va a caricare le onde successive creando disordine (aumento di entropia quindi aumento del moto ondoso sotto costa), la sabbia viene depositata dalla corrente verso il largo, su fondali dove il moto ondoso non potrà più riportarla sulla linea di costa. Quando si costruiscono scogliere emerse o sommerse i treni d’onda, rimbalzando sulle strutture rigide, scavano sia all’esterno che all’interno dell’ostacolo, creando delle buche che funzionano come trappole sedimentarie e favoriscono il trasporto della sabbia verso il largo. Questo perché, corpi “estranei” innaturali, inseriti all’interno di un sistema in equilibrio dinamico, generano azioni di rigetto, creando quello che noi in gergo chiamiamo “entropia” (disordine).

Mi può spiegare meglio?

Se inciampo e cado sulla sabbia di una spiaggia qualsiasi, non mi faccio nulla poiché la sabbia è morbida e attutisce la caduta, mentre se cado su un pavimento rigido mi faccio male. Così per l’onda che, invece di scaricare l’energia sulla spiaggia morbida, rimbalzerà sull’ostacolo e produrrà danni. Invito coloro che non condividono questa mia analisi dei fatti ad osservare con una maschera ciò che accade dopo una mareggiata in prossimità delle scogliere, vedranno infatti che intorno alle barriere si saranno formate fosse di dimensioni importanti che a poco a poco si riempiranno nuovamente di sabbia. Ma questa sabbia da dove viene?

Dalla linea di costa, dalla zona bassa, non da quella profonda, dal largo per intenderci. Così, mareggiata dopo mareggiata, il mare “ruberà” la sabbia dalla spiaggia per riempire le fosse, la spiaggia si assottiglierà sempre di più e la sabbia di riporto tornerà alla profondità di dieci metri, disperdendosi inesorabilmente. Non si depositerà mai più a riva, non ricostruirà mai più la linea di costa. È una legge della Fisica, ed è appunto in questo modo che si crea “disordine”, entropia ed erosione. Ecco perché le barriere e i pennelli sono dannosi sia per le Casse dello Stato che per l’Ambiente.

Ma allora cosa bisognerebbe fare?

Lasciar fare alla Natura. I danni ambientali che possono derivare da un’operazione così invasiva sono drammatici e irreversibili. Basterebbe osservare cosa è successo a Marina di Massa, Cecina, Follonica, Punta Ala, sull’Adriatico, all’Argentario, per non avventurarsi nell’ennesimo progetto destinato a naufragare miseramente nel giro di un paio d’anni, lasciando dietro di sé solo macerie.

Persino in Adriatico dopo diverse sperimentazioni, altrettanti insuccessi e danni alla qualità dell’acqua di balneazione a causa dello sviluppo di mucillagine, hanno deciso di smontarle e si sono accorti che il mare sta riportando sabbia sull’arenile.

Perché la mucillagine?

Perché intorno alle barriere soffolte, specie quelle di plastica, si creano delle vasche di acqua ferma, stagnante, calda, in cui i microorganismi prolificano producendo appunto la mucillagine che negli ultimi anni ha interessato l’Adriatico, con effetti disastrosi sul turismo.

Qui da noi sono previste barriere rocciose, il problema della mucillagine non dovrebbe esserci, giusto?

Non è detto purtroppo. Prenda la spiaggia di Poggio del Barbiere a Punta Ala per esempio. All’inizio l’intervento ha effettivamente portato i benefici decantati, poi però la spiaggia si è trasformata in una specie di deserto pieno di buche e mucillagine. Ci sono foto eloquenti che lo dimostrano.

Ma allora qual è la soluzione?

In sostanza meno si interviene con strutture rigide invasive che si oppongono ai meccanismi naturali meglio è, perché è la natura stessa che si ribella agli interventi non compatibili. Un po’ come quando ci si sottopone a un trapianto d’organi, se c’è compatibilità il nostro corpo lo riconosce e lo accetta, altrimenti il rigetto è quasi immediato.

La manutenzione sistematica può aiutare?

Non c’è manutenzione che tenga contro le forze della Natura. Il mare prende e dà. È sempre stato così. Possiamo cercare di fermarlo quanto vogliamo ma sarà sempre più forte di noi.

Quindi l’unica strada, secondo lei, è non fare nulla?

Non proprio nulla. Qualcosa si può fare. Per esempio pulire le spiagge senza utilizzare mezzi pesanti, ripiantumare con criterio le dune impiegando solo piante dunali autoctone, evitare di inserire corpi estranei sulle spiagge e nel mare rischiando di distruggere la flora esistente.

Ecco appunto, non abbiamo ancora parlato degli effetti collaterali su flora e fauna.

Bé direi che anche un bambino lo capirebbe da sé. Se andiamo a invadere con strutture innaturali l’ambiente marino, sconvolgiamo l’intero ecosistema delle zone interessate con effetti che si ripercuoteranno nel tempo. Basti pensare alle praterie di Poseidone, barriere naturali che assorbono l’energia del moto ondoso, purificano l’acqua e nascono sui fondali proprio per assolvere a questo compito. La pratica della pesca a strascico le ha in buona parte distrutte, per questo è stata vietata. E le barriere soffolte contribuiscono anch’esse alla loro distruzione. Se vogliamo davvero proteggere l’ambiente per evitare i disastri che ormai sono sotto gli occhi di tutti, bisogna assecondarlo, aiutarlo, con interventi in armonia con la Natura. Per esempio si potrebbe investire sulle boe di attracco, per evitare che le barche gettino le ancore sul fondo, arando i fondali. Anche le ancore hanno contribuito a distruggere flora e fauna marina. Invece, creando zone ad hoc, potrebbero ancorarsi alle boe fisse senza fare danno.

Alla luce di tutti questi effetti negativi, peraltro noti e documentati da numerose relazioni, mi chiedo perché le amministrazioni continuano a insistere sull’utilizzo delle barriere. Qualche idea?

A pensar male si potrebbe sospettare che le barriere vengano create apposta per provocare l’erosione in modo che, nel momento in cui si dovesse decidere di ampliare del tutto o in parte i porti limitrofi, nessuno possa incolpare tali ampliamenti quando l’erosione diventerà inarrestabile, proprio come è accaduto per il porto di Marina di Carrara.

Perché? Cosa è successo?

Nel 1955/56 io frequentavo le spiagge di Marina di Massa che all’epoca erano vaste e bellissime, poi si è allungata la diga foranea per l’ampliamento del Porto di Marina di Carrara e da quel momento è cominciato un processo di erosione irreversibile. Via via sono state inserite barriere frangiflutti per contenerla, barriere che hanno peggiorato la situazione, tanto che oggi l’erosione si sta espandendo dalle zone limitrofe al porto fin quasi a Forte dei Marmi. Per non parlare delle alluvioni degli ultimi anni, la prima nel 2003, seguita da altre quattro e da ben 14 allagamenti della città di Marina di Carrara.

Ma tutti questi esempi non hanno insegnato nulla alle Amministrazioni. Com’è possibile?

Gli interessi in ballo sono tantissimi, non solo economici. Tutti sperano di ottenere la Palma d’Oro per aver sconfitto l’erosione, allungando le spiagge, favorendo le attività balneari. Sarebbe cosa buona e giusta che ogni decisione di questo tipo fosse garantita dagli stessi amministratori.

In che senso?

Nel senso che ognuno si assumesse per scritto le proprie responsabilità, in caso di successo ma soprattutto di insuccesso, per garantire i cittadini. Questi impianti innaturali possono portare benefici nell’immediato, ma poi si rivelano fallimentari e i danni che provocano non sono sanabili se non rimuovendo le cause che generano l’erosione. Ma nel frattempo chi ne fa le spese è la comunità, sia dal punto di vista ambientale che economico. Quindi secondo me amministratori e progettisti dovrebbero garantire personalmente la buona riuscita del progetto, in caso contrario dovrebbero risarcire i danni ai cittadini.

Ma nessun amministratore, progettista, impresa potrà mai accettare una clausola simile!

Lo so perfettamente, e questo dimostra la precarietà di simili progetti, il cui successo non può essere garantito in nessun modo, mentre purtroppo gli insuccessi sono ampiamente documentati.

E sul dragaggio delle foci, sul ripascimento delle spiagge, cosa mi dice?

Sono argomenti complessi che richiedono almeno un’altra ora di intervista.

Allora posso disturbarla di nuovo per approfondirli?

Certo. Potremmo dedicare una seconda puntata ai fiumi e al ripascimento.

Ottimo. A questo punto come concludiamo la nostra chiacchierata?

Intanto suggerirei ai lettori di informarsi leggendo le osservazioni degli esperti sull’argomento, nonché la legge n. 523 del Demanio Marittimo che risale al 1904 e che nell’art. 97 indica con chiarezza i divieti di intervento in ambito di ambiente idrico, marittimo.

A lei suggerisco a lei di pubblicare gli estratti più significativi delle direttive della Regione Toscana sulle “Aree tutelate per legge”. Grazie mille Professore, seguirò il suo consiglio. La ringrazio anche per il suo tempo e la sua chiarezza e spero di chiarire le idee anche ai lettori. A presto.