La solitudine dei leoni di pietra
Quando ero ragazzo mi comportavo da ragazzo. Salivamo sul bastione dei leoni. Sull’imbrunire. A “dar noia”alle coppiette. Una noia scherzosa. Raccoglievamo le coccole dei cipressi e gliele tiravamo. Quindi, senza neppure guardare se eravamo inseguiti da qualcuno, ci precipitavamo di corsa a rotta di collo giù per la discesina, sudati e ansanti. Alle medie il povero professor Leoni ci portava spesso lì a fare, si fa per dire, educazione fisica. Ci faceva correre lungo i viottoli ricoperti di ghiaia e, tra una sigaretta e l’altra, ci prendeva i tempi con un vecchio cronometro. Quell’angolo di mura ha sempre avuto per me un fascino particolare. Forse perché così isolato nel contesto della cerchia. Isolato, silenzioso e per questo pieno di fascino. Anche quando le mura erano luogo di passeggio e di visita per i grossetani, ai leoni saliva poca gente. Per questo, per la sua incontrastata solitudine, era luogo d’incontri romantici.
Siamo i leoni, qui, del monumento
che dalle mura s’erge dritto al cielo.
Siamo in un luogo dove soffia ‘l vento
e la nebbia a volte stende un velo.
Forse è malinconia oppur sgomento.
Anche le statue soffrono pel gelo.
Penetra dentro e giunge fino al cuore.
Venite a trovarci, gente, per favore.
Questo bastione vive di ricordi.
Celebrazioni, suoni di fanfare
corone d’alloro, note amare.
Grosseto c’ha scordato, e la su’ gente
a sti’ vialetti non regala niente.
Nemmanco corse e giochi di bambini.
Nemmeno un vagabondo che si pente
e sceglie sti’ gradini per cuscini…
Gridiamo a vuoto a’ frati del convento.
Siamo i leoni. Qui. Del monumento.
Massimo Ciani ( dal libro di poesie su Grosseto : “ Grosseto d’ascolto” )