"La prossima settimana 2.0": due popoli che devono co-esistere, tutto giusto ma non per tutti
I recenti fatti che caratterizzano la guerra nella striscia di Gaza e le recrudescenze che ne derivano destano grande preoccupazione in tutti. Ognuno di noi, chi più chi meno, si è formato un'opinione e "parteggia" per una delle fazioni. Ora, l'attacco missilistico iraniano ha acuito ulteriormente lo scenario e tutti, sia gli stati limitrofi che le potenze mondiali, sperano che Israele non reagisca. Sebbene sostanzialmente fallito, l'attacco ha comunque trasmesso un segnale forte. La sfrontatezza con cui i governanti iraniani hanno agito direttamente, cosa che in passato facevano sempre per interposta persona tramite i miliziani in Libano, rappresenta una miccia che per ora resta latente, in attesa che Netanyahu decida di intervenire.
La cosa curiosa, anche se non del tutto sorprendente, è la reiterata e continua mobilitazione di una minoranza di studenti all'interno delle università. Su questo tema si concentra l'articolo di oggi. Le fazioni che si sono mobilitate si definiscono paladine delle idee popolari, espressione di una libertà di pensiero forte e continua. Tuttavia, questa libertà di pensiero si traduce spesso in un atteggiamento di intolleranza verso chi non la condivide, arrivando addirittura alla demonizzazione e all'emarginazione degli individui. Fa specie che, anche dopo l'aggressione iraniana, le proteste studentesche siano ancora più accese e determinate, accompagnate come sempre da attacchi alle forze dell'ordine e tentativi di occupazione degli atenei. Se da un certo punto di vista la protesta può essere giustificata, degenera invariabilmente in scontri e dichiarazioni che lasciano poco spazio al confronto pacifico.
Se andrà tutto bene
Tutto bene? Mah, dai, possiamo essere ottimisti. Secondo me, per raggiungere una vera pace, il passo fondamentale è il riconoscimento da parte di tutto il mondo, e di Israele in primis, della Palestina come Stato sovrano. Allo stesso tempo, i palestinesi dovrebbero riconoscere il diritto di Israele a esistere come nazione. Questo è il vero nodo cruciale. Se ciò accadesse, cambierebbero molte cose: Hezbollah non avrebbe più ragione di esistere e i rapporti tra sciiti e sunniti dovrebbero evolversi notevolmente. Le potenze che basano la loro filosofia di vita sul terrore sarebbero costrette a rivedere le loro strategie, mentre Iran e Iraq dovrebbero fare i conti con il resto del mondo. Se tutto andasse per il verso giusto, anche coloro che oggi si scagliano contro Israele, specialmente nei nostri atenei, dovrebbero confrontarsi con la scelta ponderata e lungimirante fatta da chi vive a Gaza o in Palestina. Finalmente ci sarebbe uno "StopWar" con basi solide. E gli studenti universitari politicizzati sarebbero messi in discussione anche dai loro stessi ideali, che non avrebbero più alcuna ragione di esistere.
Se andrà tutto male
Eh proprio mentre sto redigendo questo scritto vengo a conoscenza che Israele ha colpito alcune centrali e basi militari di rilevante importanza nel centro dell'Iran, andando a colpire il cuore del paese asiatico. Segno non del tutto positivo, stando a quanto dichiarato dai governanti iraniani, ora c'è da spettarsi un'escalation del conflitto che si allargherebbe. Il fatto che l'Iran non sia riuscito nell'intento di colpire direttamente Israele mentre è successo il contrario porta un'evidenza palese, a mio avviso, di chi rischia di più: sono gli iraniani. Il famigerato impero "sionista" reagisce e pure bene, visti i risultati. Mi soffermo sulla parola "sionista" che, al netto delle distinzioni, è "un'ideologia politica il cui fine è l'affermazione del diritto all'autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto a uno Stato ebraico in quella che è definita 'Terra di Israele'" (cit. Wikipedia). Oggi, da molte parti, specie politicizzate, è un aggettivo che definirei "dispregiativo", che evidenzia solo un aggressore che vuole impadronirsi di un territorio che non gli appartiene. Sentire questo aggettivo dispregiativo usato dai giovani nelle università, giovani che poi vogliono discriminare coloro che non ritengono degni di poter studiare in un ateneo senza essere presi di mira perché macchiati indelebilmente, quindi giocoforza discriminati, stona pesantemente sul "Peace&love" che spesso anima i discorsi di queste menti fulgide. In soldoni, se ora scoppiasse un conflitto più allargato, oltre che dalla parte della Palestina, questi signori si schiererebbero anche dalla parte di un regime, perché quello iraniano è un regime, che fa più discriminazioni che cose buone. La gioventù che frequenta gli atenei italiani e che oggi si manifesta "antisionista" dà il la, sdoganandolo, a un regime repressivo contro il quale non si schiererebbe in loco ma lo continuerebbe a sostenere, e farebbe da lontano, molto lontano. I sacrifici delle vere martiri donne che hanno lottato per la loro libertà di espressione e di cultura che ruolo hanno per questi antisionisti “de noantri"? Il martirio, perché di questo si tratta, di coloro che lottano in Iran e Iraq per un mondo migliore che peso ha nelle menti di questi studenti che dovrebbero essere il nostro futuro? Intanto le bombe cadono e cadranno e cadranno ancora... e quei giovanotti e giovanotte saranno sempre lì a lanciare sassi e sputi contro le forze dell'ordine. Bello, eh...**
Alla prossima settimana con un nuovo articolo di "La prossima settimana 2.0"
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