'La politica vista dai giovani': … ‘Brain drain’, il punto sull'emigrazione giovanile
di Lorenzo Lauretano Bentornati cari lettori e care lettrici all'appuntamento con "La politica vista dai giovani". Nell'appuntamento odierno affronteremo un tema complesso, che riguarda tutti i paesi europei, ma è particolarmente sentito in Italia.
Sono almeno quindici anni che si sente parlare della cosiddetta "fuga di cervelli", ovvero l'ondata emigratoria di giovani, caratterizzati da un'elevata formazione universitaria, verso l'estero. Principalmente si è mutuato questo termine dall'inglese "Brain drain", coniato negli anni '60 per descrivere la fuga degli scienziati inglesi verso gli Stati Uniti. In verità i dati parlano chiaro, l'Italia è afflitta da una fuga di giovani che non riguarda solo quei soggetti di elevata istruzione, e, per la teoria del ferro di cavallo, riguarda anche quella fascia di popolazione poco istruita, alla ricerca di opportunità di lavoro. Gli spostamenti quindi coinvolgono soggetti estremamente diversi tra loro, ma lo scopo e le cause sono le medesime: la ricerca di opportunità per mancanza di tali opportunità in Italia.
Noi, come Stato e come popolo, siamo chiaramente orgogliosi dei nostri connazionali all'estero, esaltando la figura del ricercatore o del "gran lavoratore", ma la verità è che l'Italia non è abbastanza attrattiva, come ad esempio Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Il problema è grave, e al momento non sembra esserci un cambiamento di rotta, ma sul lungo periodo rischiamo uno svuotamento di personale qualificato e non. La ricetta che ritengo possa servire è la seguente: per quanto riguarda la ricerca, serve una scossa e una ripresa all'investimento, in quanto siamo tra gli ultimi paesi europei in base a questo dato. Senza un investimento corposo non siamo attrattivi per ricercatori esteri e neanche invogliamo i nostri a rimanere.
Invece per quanto riguarda l'altra fascia di lavoratori ritengo non sia difficile cercare di risultare più attrattivi, e ciò che serve veramente è una riforma radicale del mercato del lavoro, deve essere conveniente per tutte le parti coinvolte (Imprenditore e lavoratore) assumere un dipendente. Se si abbattesse il costo del lavoro daremmo una chance di rimanere nel nostro paese a tutti quei soggetti che invece reputano, con ragione, che convenga andarsene per poter sopravvivere. Dobbiamo tornare ad essere attrattivi poiché in generale il saldo demografico è negativo, e , nello specifico anche quello dell'entrata-uscita dal paese. I giovani partono e sempre più spesso non fanno ritorno, grazie alle opportunità offerte. È chiaro che la mia non è un'invettiva contro l'emigrazione, è naturale che in un mercato del lavoro globale, si prendano in considerazione offerte globali.
Serve che lo Stato permetta la creazione di queste opportunità per poter far riflettere e mettere ad un bivio più equilibrato, in cui l'opzione "Italia" sia effettivamente competitiva, e che porti appunto il soggetto in partenza a chiedersi se magari può convenire rimanere nel nostro paese. Concludendo, il fenomeno di "brain drain" non può essere fermata in maniera totale. Deve però essere mitigata tramite nuove ed attrattive opportunità.
L'appuntamento si conclude qui, vi aspetto tra due settimane con "La politica vista dai giovani".