Il mio Luna Park è scomparso quando hanno stravolto Marina
Il mare. San Rocco. Marina. Il Luna Park. Il mitico Luna Park di Marina. La LasVegas dei poveri. Eccovi una "cartolina" sul Luna Park di Marina. Quello di prima, ovvio. Ognuno la leggerà secondo i propri ricordi e le proprie sensazioni. E sarò contento di leggere le Vostre, di impressioni... Non considerarti grossetano anni 50-60 se non ti sei fatto scattare una foto sulla spiaggia a cavalluccio della giraffa dai fratelli Berti. Giraffa di cartapesta, s’intende. A San Rocco uno zoo non c’è mai stato. Il circo, qualche volta. Il Luna Park, praticamente sempre. Beninteso, io mi riferisco al Luna Park addosso al Fossino. Quello che viveva l’estate, l’intera estate, con i marinesi e con i villeggianti.
La localizzazione e costruzione del porto l’hanno sfrattato, ma i grossetani di lungo corso non se lo scordano. San Rocco, prima dello scempio, aveva una vocazione riminese. Solo che l’aveva sempre repressa. L’unico elemento che, s’intende con le dovute cautele, poteva far pensare ad un accostamento con la riviera adriatica, con il concetto di divertimento dominante su tutto e tutti da quelle parti, era proprio quel quadrilatero di luci psichedeliche, musiche assordanti, intreccio di voci di imbonitori che proponevano attraverso gli altoparlanti i propri dieci minuti di effimera felicità. La sua localizzazione, checchè se ne dica, era appropriatissima. Ristretto tra la sponda del canale che divide da sempre le due anime di Marina e l’inizio dell’arenile più bello d’Italia, il parco dei divertimenti, le carrozzine, per capirsi, rappresentava la continuità non solo ideale del concetto di svago e passatempo liberatorio. Sole, mare e giochi di spiaggia il giorno, luci e giochi artificiali di sera. Ti toglievi il costume, facevi una doccia, mangiavi un triangolo di pizza, e via a vivere l’effimero che ti attendeva sul molo.
Chi arrivava in auto, faceva prima ad accorgersi della sua presenza che di quella del mare. Esclamazioni di giubilo dei bambini, moderate imprecazioni dei genitori, per ovvi opposti intuibili motivi. Durante il giorno il Luna Park se ne stava silenzioso ed assente, quasi non volesse farsi notare dall’ininterrotto traffico di biciclette e di bagnanti che attraversavano il ponte. Al calare della sera quel quadrilatero d’improvviso si animava di voci, suoni, rumori e diventava una piccola Las Vegas. Al centro delle attenzioni generali l’autoscontro. Poi giochi specialistici, tra i quali dominava il calcio in culo e la prova di forza del pugno con il guantone da boxe. Nei meandri dei padiglioni il tirassegno con la carabina e la pesca delle anatrelle. Io ero affascinato da due giochi. La pesca con le piccole gru meccaniche, con cui la gente, dopo speso un discreto gruzzolo, poteva vincere perfino di tutto, perfino pacchetti di sigarette. E infine quel gioco del bowling in miniatura, dove la tua abilità consisteva appunto nell’abbattere il maggior numero possibile di piccoli birilli di legno utilizzando un cannoncino che sparava biglie d’acciaio. Ancora oggi ho negli occhi la visione della ragazza del padiglione, dal sorriso smagliante a tutta dentiera e gli occhi truccatissimi, che a fine gioco, con un piccolo movimento della mano sotto alle macchinette, di colpo risolleva tutti i birilli, ancorati a piccole cordicelle. E così..., via ad una nuova gara. A me quel gesto sembrava quasi un tocco di magia.
Adesso il Luna Park ha cambiato volto e localizzazione. La gente lo frequenta ugualmente. I bambini si divertono lo stesso. A loro importa di molto dove si trovano i giochi. I bambini di ieri sostanzialmente lo ignorano. Io non c’ho mai messo piede.
Il mio Luna Park è scomparso quando hanno stravolto Marina.