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I disastri climatici cambiano anche la demografia. L’assenza della politica
E’ straziante vedere emergere in questi giorni il quadro delle devastazioni ambientali. Quelle italiane ed europee, quella americana dell’uragano Helene e le tante altre di cui poco abbiamo informazione ché sembra che pagine e parole e immagini che i nostri giornali e tg dovrebbero/potrebbero dedicarvi, non abbiano più spazio a disposizione.
Non è solo la distruzione fisica sopportata dai molti. Ma anche il fatto che i diversi Paesi inclusa l’Europa, e l’Italia con quanto accade in Romagna, e poi in Lombardia e in Piemonte e in Toscana, e in Campania e in Sicilia, etc etc, si continua a camminare nel sonno verso un domani in cui quanto abbiamo assistito in queste settimane sembra che stia diventando la norma, costringendo milioni di persone a trasferirsi mentre le loro comunità diventano sempre più invivibili.
Vien da pensare a qualche anno fa, quando questi fenomeni, in particolare in Italia, erano rari e molto per un ambiente (i terremoti) per cui apparentemente poco siamo in grado di prevedere/prevenire (a parte non costruirci le città dove il rischio è maggiore.. penso al napoletano e al catanese e mi vengono i brividi). E nonostante questo le persone non si sono trasferite, troppo radicate su un territorio e in una comunità… ma forse ora siamo arrivati ad un tanto, un troppo che non pochi cominceranno ad essere espulsi da questi territori.
Una fotografia che ci mostra quanto siamo in ritardo per prevenire un futuro riscaldamento, avendo a malapena investito per adattarci a quello già in corso. Non ci siamo ancora confrontati con la realtà che il cambiamento climatico altererà drasticamente la demografia, e le comunità che non si adegueranno saranno più anziane e meno fisicamente capaci.
La politica ha solo leggermente sfiorato questo nuovo contesto, dovendosi anche scontrare con quelli che lo negano e che, in Italia ma non solo, sono tra quelli che decidono per tutti, senza rendersi conto che, pur se difendono “il proprio giardino”, è anche il terreno sotto i loro prati che viene meno.
Vincenzo Donvito Maxia - presidente Aduc