Ambiente, gessi rossi: 'No alle finzioni, sì alle alternative'

La nota del Forum Ambientalista, Italia Nostra, Wwf, Grosseto al Centro, Comitato di Paganico, Comitato Bruna. Grosseto: "Per lo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti al Casone, in quindici anni sono stati individuati e discussi quattro siti alternativi a Montioni: Roccastrada, Vallina, Bartolina e Pietratonda.

Ora, anche l’ipotesi Pietratonda sembrerebbe al tramonto. Perché insistere su questa strada? Perché ostinarsi a cercare un nuovo sito, una cava, una miniera, o magari riprovarci con la Bartolina? Secondo uno schema già visto: deroghe alle norme Ue sui contenuti chimici, sui recuperi ambientali, e proteste, ricorsi di cittadini e associazioni, assemblee, dichiarazioni di politici, ricorsi ai Tribunali, minaccia di chiusura da parte della fabbrica, ecc. Perché non cambiare strada? In un’intervista andata in onda il 24 settembre 2020 l’On. Vignaroli, Presidente della Commissione Parlamentare Ecomafie, ha dichiarato riguardo ai gessi rossi: “… nel tempo questo materiale rilascia degli inquinanti, le autorità di controllo non hanno controllato bene e, soprattutto, poi nel tempo si è cercato di dare delle deroghe di legge ...”Purtroppo lo stoccaggio nelle cave avrà sempre il problema della solubilità dei gessi rossi, che per questo non devono essere posti in prossimità di falde e
corsi d’acqua.

Tanto più che ora l’Ue ha classificato il biossido di titanio in polvere cancerogeno per inalazione, materiale che dovrebbe essere scaricato dai camion e pressato con gli escavatori, con potenziale rischio per le popolazioni limitrofe. I cittadini sono preoccupati, è comprensibile. Siamo nell’era della transizione ecologica, siamo tutti sensibili ai temi dell’ambiente e della salute e, attraverso il web, possiamo informarci, connetterci e organizzarci.

Le Associazioni maremmane, chiedono da tempo che venga abbandonata definitivamente l’ipotesi di riempire di rifiuti le cave, magari fingendo un recupero ambientale: questa è, nel 2021, una soluzione anacronistica, ma anche impraticabile, stando ai tentativi degli ultimi 15 anni. L’unica via, crediamo, è quella di sedersi a un tavolo per trovare una soluzione diversa, nuova, anzi, moderna, e proponiamo tre argomenti di dibattito, tra quelli possibili.

1.Cercare nuove soluzioni per il trattamento, la valorizzazione, e il reale fine vita del rifiuto. Attraverso un concorso di idee tecniche e scientifiche, magari un bando, con una giornata presso lo stabilimento, coinvolgendo i centri di eccellenza accademica che si occupano di materiali, come l’INSTM di Firenze o il Politecnico di Milano.

2.Cambiare il ciclo di produzione, come ventilato sin dagli accordi territoriali del 2004. Il processo produttivo al cloruro, con rutilo, come praticato negli Usa, è nel know-how della Venator e non produce questa immensa quantità di rifiuti come quello al solfato.

3.Realizzare una discarica ad hoc in un’area argillosa, lontana dalle falde, con le procedure della discarica, e con il consenso dell’area; in tal caso la Regione potrebbe, ad esempio, aiutare la fabbrica rivedendo gli oneri di discarica in
favore dell’occupazione.

Ci rivolgiamo a tutti gli attori, in primis alla politica, agli enti preposti, ai cittadini responsabili, agli organi di informazione, ai sindacati, alla Venator e alle fabbriche dell’indotto: sediamoci tutti ad un tavolo. Dopo quattro cave, non proviamo con la “quinta”, che per Beethoven è il destino che bussa alla porta… Non siate anche voi “sordi”!, così termina la nota.